Reggio Emilia, 2 luglio 2023 – Una grande storia d’amore, quella che Saman e Saqib erano sicuri di stare vivendo, scandita da centinaia di foto mandate di nascosto mentre Saman si trovava in comunità, telefonate fugaci. "Vita mia", si chiamavano reciprocamente.
Le foto custodite nel telefono del ragazzo, che si è costituito parte civile nel processo per l’omicidio della fidanzata che vede imputati cinque suoi familiari, raccontano un lato sempre più umano di questa tragedia. Immagini che ora sono agli atti del processo.
E mentre si attende da quasi otto mesi la decisione del Pakistan sull’estradizione del padre della giovane Saman Abbas, Shabbar Abbas dalle carte depositate agli atti del processo in corso davanti alla corte d’Assise di Reggio Emilia spuntano particolari inquietanti.
Come il castello di bugie messo in piedi dallo zio Danish Hasnain, l’uomo che nel novembre scorso ha poi deciso di collaborare con la magistratura indicando il luogo di sepoltura della giovane, uccisa nella notte fra il 30 aprile e il 1° maggio 2021.
A inizio settembre 2021 lo zio di Saman, Danish Hasnain, è ancora latitante in Francia (verrà arrestato a fine settembre a Parigi). L’uomo però riesce a comunicare con i suoi familiari in Pakistan attraverso connessioni e telefoni di fortuna. Manda selfie alla moglie e alla madre. È il 9 settembre 2021 quando in una conversazione intercettata riferisce al suo interlocutore (presumibilmente un parente) che su di lui pende l’accusa di un omicidio commesso in Italia (si riferisce ovviamente al caso della nipote Saman): "In Italia l’avevano fatto gli amici ed è venuto anche il mio nome". Continua dicendo che sono tutti scappati (riferendosi a lui, i nipoti ’Noman’ e Ikram e ai genitori di Saman) e che ha paura di essere arrestato.
Conclude riferendo che tornerà di nascosto tentando di sfuggire alla giustizia. "Prima avevo un lavoro molto bello in Italia, avevo il mio lavoro. Adesso a volte Spagna e a volte in Francia. Non c’è gusto della vita. C’è paura di essere preso (arrestato, ndt). Adesso tornerò di nascosto", scrive.
Nei giorni precedenti (il 6 settembre 2021) Danish contatta la sorella Shamsa Batool (chiamata con il soprannome di ’Beby’) con la quale effettua una serie di chiamate Voip. La donna rassicura Danish che l’indomani provvederanno ad eseguire un "un lavoro" per Danish (si presume che si tratti dell’invio di una somma di denaro necessaria alla sussistenza di Danish ed all’eventuale trasferimento del medesimo nel Paese di origine). L’interlocutrice trasmette a Danish il numero di telefono del fratello Shabbar (Danish con il cambio del telefono e della sim telefonica aveva perso il contatto del fratello).
Danish trasmette alla sorella la foto della carta di identità pakistana di un connazionale da contattare per la transazione.
Nella memoria del telefono di Danish, poi, è stato trovato uno screenshot che lui custodiva di una conversazione con la moglie Fakhar Batool risalente all’inizio di giugno 2021: "Non contattarmi, adesso stanno facendo vedere anche la tua foto (i giornalisti, ndt). Io oggi tengo il numero spento... Anche tu non contattare a nessuno e non uscire fuori", dice la moglie dal Pakistan al marito latitante.
Danish chiede allora notizie degli altri indagati e la moglie gli riferisce che Ikram (già arrestato) a breve sarà estradato in Italia e che avrebbe fatto sapere di non sapere nulla in merito alla scomparsa di Saman. Aggiunge che anche Shabbar "ogni giorno guarda le notizie italiane in merito al caso Saman". Aggiunge infine che a causa del mancato rientro in Italia di Shabbar hanno messo anche le foto di Danish riferendo che è fuggito e non si sa dove possa essere.
Danish verrà poi arrestato e portato in carcere. Dalle sue conversazioni in cella (probabilmente sapendo di essere intercettato) arriveranno altre indicazioni fuorvianti, captate durante le conversazioni con compagni di cella e operatori.
A più riprese avrebbe detto: "Saman è viva... tu sei intelligente... Se fosse morta la polizia l’avrebbe già trovata... " Danish dice anche che se lui uscisse sarebbe in grado di trovarla in poco tempo. In altri momenti in cella, invece, il volume della tv viene alzato repentinamente per coprire le voci; oppure viene volontariamente oscurata la telecamera di sorveglianza.