Reggio Emilia, 5 maggio 2023 – Questa volta ci si mette pure l’ex presidente Imran Khan ad impedire l’estradizione di Shabbar Abbas in Italia. Ieri, infatti, avrebbe dovuto tenersi, presso il tribunale di Islamabad in Pakistan, l’ennesima udienza per discutere dell’estradizione del padre della giovane Saman Abbas, la diciottenne uccisa nelle campagne di Novellara nella notte tra il 30 aprile ed 1 maggio del 2022, il cui corpo è stato rinvenuto lo scorso novembre sepolto in un casolare nelle vicinanze dell’abitazione della famiglia Abbas, in cui, lo stesso, risulta essere imputato (si presume sia stato il mandante dell’omicidio della figlia) al pari della moglie, dello zio e dei cugini della giovane. Come detto, però, l’udienza non si è tenuta.
Secondo quanto è emerso, la motivazione sarebbe stata l’indisponibilità del personale del servizio scorte che avrebbe dovuto trasportare Shabbar dal carcere dove è attualmente detenuto nell’aula di tribunale dove si sarebbe dovuto decidere sulla sua estradizione. A causare questo impedimento è il concomitante inizio del processo nei confronti dell’ex primo ministro pakistano Imran Khan, il quale è accusato di presunti illeciti legati all’acquisto e vendita di doni ricevuti da dignitari stranieri all’epoca in cui era in carica. Oggettivamente, una situazione surreale quella in cui, nel 2023, un paese come il Pakistan non sia in grado di garantire il regolare svolgimento di più udienze in contemporanea. Oltre, però, al danno vi è anche la beffa di un numero di rinvii che ormai rasenta i venti.
Sono infatti almeno diciannove certi i ‘nulla di fatto’ per portare in Italia, Shabbar Abbas. Se non è un record, poco ci manca. Anche perché, la prima udienza di estradizione nei suoi confronti data il 18 di novembre del 2022. Fanno quasi sette mesi per poter ottenere una sentenza di estradizione, nei confronti di un imputato per un reato di notevole gravità come quello dell’omicidio di una diciottenne. Le motivazioni addotte per questi rinvii sono state le più svariate tra cui spicca quella del 3 marzo di quest’anno, quando l’udienza non si potè tenere, perché il giudice che avrebbe dovuto decidere sulla questione, era impegnato in un sopralluogo per un ponte caduto in un cantiere di costruzioni ad Islamabad. Insomma, situazioni al limite del paradossale che gettano un’ombra sulla reale volontà del Pakistan di consegnare alla giustizia italiana il padre di Saman.
Ancora latitante è, invece, la madre di Saman, nonché moglie di Shabbar, Nazia, pure lei imputata nel processo in corso di svolgimento in Corte d’Assise a Reggio. Secondo quanto ebbe a dichiarare il Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale reggiano, Calogero Gaetano Paci, nel novembre scorso, la donna non risultava essere stata ‘censita’ nei paesi di area Schengen. Probabile quindi che sia tuttora nascosta nel suo paese natale. La prossima udienza per l’estradizione di Shabbar Abbas è fissata per il 9 di maggio.
Ni. Bo.