"L’approccio ‘sereno’ del tribunale lo si può cogliere quando nega a Claudio Foti (foto) le circostanze attenuanti generiche, perché afferma, senza alcun fondamento, che vi sarebbe stata la volontà di ingannare il giudice con la produzione di un video di una seduta di novembre 2016, spacciandola per una di aprile 2016". L’avvocato Giuseppe Rossodivita, difensore dello psicologo Claudio Foti, attacca il giudice Dario De Luca, che ha condannato l’imputato a 4 anni, col rito abbreviato, per lesioni gravi a una bambina che praticò psicoterapia con lui e abuso d’ufficio. "Si è trattato di un banale errore materiale nell’indicazione della data della seduta, immediatamente riconoscibile per via dell’abbigliamento dei protagonisti del video e quindi incapace di ingannare chiunque e prontamente riconosciuto come tale in sede processuale. Poi in sentenza ci troviamo scritto che sarebbe stato un tentativo di ingannare il giudice...". Il difensore ribadisce che farà ricorso in Appello, e si dice "preoccupato dal substrato culturale che ha animato il giudizio". "Qui c’è un padre che ha denigrato la figlia che, a 13 anni, ha avuto un rapporto sessuale ‘presumibilmente non consenziente’, com’è scritto in sentenza. Ma la colpa di Foti sarebbe quella di aver agito per fare aprire gli occhi alla figlia giunta alla soglia dei 18 anni, provocando una sindrome borderline diagnosticata da una psicologa (non psicoterapeuta, non psichiatra), che non ha nemmeno somministrato i test rituali. Per il tribunale reggiano e la consulente della Procura il pater familias non può essere mai messo in discussione e va comunque onorato e rispettato".
al.cod.