Reggio Emilia, 1 maggio 2024 – Per l’educatore di Comunione e Liberazione Andrea Davoli gli arresti domiciliari "non sono sufficienti", serve il carcere. Perché "potrebbe rifarlo, perché non si rende conto della gravità di ciò che ha commesso e perché potrebbe cercare di contattare la vittima o altre ragazzine, anche stando in casa".
È quanto si legge nell’ordinanza depositata nelle scorse ore dal tribunale della Libertà di Bologna, dopo il ricorso presentato dalla procura di Reggio in merito al 53enne educatore e prof di religione di diversi licei reggiani, arrestato l’estate scorsa e accusato di violenza sessuale su una 14enne reggiana che gli era stata affidata dai genitori per un ritiro spirituale.
Il fascicolo d’inchiesta era stato aperto dalla procura di Rimini perché il presunto primo rapporto sessuale fra i due si era consumato durante una "vacanzina" a Viserbella, proprio durante un Meeting di Comunione e Liberazione. Da qui, l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale romagnolo.
L’uomo era finito in manette il 19 agosto scorso a Caorle (Venezia) dove si era già isolato di sua iniziativa una volta saputo di essere stato denunciato dalla famiglia della ragazzina. Nel frattempo gli atti del fascicolo sono passati per competenza alla procura di Reggio, provincia nella quale sarebbero cominciati gli approcci e sarebbe poi proseguita la scabrosa relazione.
Durante l’interrogatorio di garanzia, Davoli aveva ammesso di aver intrattenuto una relazione sessuale e sentimentale con la 14enne, ma sostenendo che sarebbe stata lei a provocarlo. Lui non avrebbe saputo resistere alla tentazione dopo vent’anni di castità.
Davoli era stato scarcerato e messo agli arresti domiciliari su richiesta del suo avvocato difensore, Liborio Cataliotti, in seguito al soffertissimo incidente probatorio in cui lo scorso 15 dicembre è stata ascoltata in audizione protetta la ragazzina vittima degli abusi. La ragazza è apparsa molto provata e ha fatto sapere di aver intrapreso un percorso terapeutico dopo la vicenda.
Secondo il gip Silvia Guareschi, infatti, a quel punto sarebbe decaduto il pericolo di contatti fra i due che avrebbero potuto inquinare le prove.
Ma il pm Maria Rita Pantani e il tribunale del Riesame la pensano diversamente: Davoli non avrebbe "capacità di autocontrollo" e sarebbe "spregiudicato", tanto da aver continuato a "portare avanti contatti illeciti con la sua vittima per via telematica e utilizzando profili di copertura per eludere i controlli della famiglia di lei, anche dopo la denuncia e senza trarre dalla stessa alcun effetto inibitorio, avendo trovato un freno solo nella carcerazione", si legge nelle motivazioni.
Un altro particolare inquietante sarebbe emerso dalle testimonianze delle persone vicine alla 14enne: Davoli avrebbe infatti tentato approcci "non consoni" anche con altre minorenni (invitandole a pranzo o a cena fuori) senza però che si siano concretizzati in reati, "anche per la mancata adesione delle giovani agli inviti".
L’uomo, nel frattempo, avrebbe seguito un percorso con uno psicoterapeuta, il quale nella sua relazione ha però indicato che gli incontri dovrebbero proseguire perché Davoli possa "acquisire una stabile padronanza di sé".
Stando alla pm Pantani "solo la massima coercizione potrà essere idonea a evitare contatti con la vittima o altre minorenni", vista anche l’influenza che l’educatore esercitava sulle ragazzine, tanto che durante il suo periodo di carcerazione molte giovanissime del gruppo spirituale non solo non avrebbero preso le distanze da lui visto il clamore anche mediatico della vicenda, ma avrebbero chiesto di poter effettuare colloqui in carcere per vederlo.
L’avvocato difensore ha già annunciato che impugnerà la decisione in Cassazione (ci sono dieci giorni di tempo per farlo): Davoli dunque resterà ai domiciliari finché l’ordinanza non diventerà definitiva. Nel frattempo si attendono l’atto di chiusura indagini da parte del pm e la fissazione dell’udienza preliminare. Con ogni probabilità la difesa chiederà un giudizio abbreviato.