ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

Quel rally maledetto, Cristian travolto e ucciso. "Aspettava un bimbo e non lo sapeva ancora"

Nel 2021 a Riverzana persero la vita Cristian Poggioli e Davide Rabotti. I genitori del 33enne parlano tre anni dopo la tragedia nel Reggiano: “Neppure la fidanzata Valentina sapeva di essere incinta, l’ha scoperto dopo”. Il procedimento giudiziario è in stallo, rischia di finire tutto archiviato

Cristian Poggioli aveva 33 anni. A sinistra, i genitori Giuseppe e Rita

Cristian Poggioli aveva 33 anni. A sinistra, i genitori Giuseppe e Rita

Reggio Emilia, 21 agosto 2024 – La vita ha accelerato nonostante tutto. È andata più veloce della morte e l’ha superata, a sorpresa. Durante il rally automobilistico di Riverzana (Canossa), nella mattina del 28 agosto 2021, due giovani spettatori persero la vita, investiti da una Peugeot 208 fuoriuscita dal circuito di corsa e piombata su una collinetta dove c’era pubblico. Morirono sul colpo Cristian Poggioli, 33 anni, originario di Serramazzoni (Modena), dipendente della Progeo, residente da un paio d’anni a Montecenere di Lama Mocogno con la fidanzata e Davide Rabotti, 20 anni, reggiano, studente di Ingegneria informatica all’Unimore. Cristian non ha potuto saperlo, ma una parte di lui è sopravvissuta: stava diventando padre. La sua compagna, Valentina, presente al momento del rally, era incinta. Lo ha scoperto dopo la morte di Cristian, e ora il bambino, un maschietto, ha due anni.

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A raccontarlo, tra le lacrime, sono i genitori del giovane scomparso, di Serramazzoni. il padre 59enne Giuseppe Poggioli, dipendente della Ferrari di Maranello, e la madre 57enne Rita Tadolini, che lavora per una ditta che produce impianti elettrici come prototipi per la casa del cavallino. Oltre al ragazzo scomparso, hanno un’altra figlia, la 27enne Aurora. Per la prima volta, assistiti dall’avvocato Marco Augusto Pellegrini, hanno deciso di parlare, dopo aver letto il servizio del Carlino in cui un difensore degli indagati ha sollecitato la Procura perché domandi l’archiviazione del fascicolo. La coppia chiede che si acceleri sul procedimento che vede sott’inchiesta nove persone per le quali le indagini preliminari si sono chiuse nel dicembre 2022: il legale rappresentante Asd Grassano Rally (associazione organizzatrice della gara), il direttore di gara, il supervisore tecnico, quattro apripista, il commissario di gara e il delegato all’allestimento del percorso. E racconta il dolore di questi anni, la consolazione data loro dal nipotino e l’amarezza di non essere “mai stati contattati dal pilota” della Peugeot, che era un amico del figlio.

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Giuseppe Poggioli e Rita Tadolini, genitori di Cristian, morto nella tragedia di Riverzana, dal 2021 vivono sospesi.

"È stato un periodo difficile – racconta il padre –. Io e mia moglie stiamo ancora lavorando; spero di andare presto in pensione perché dobbiamo anche seguire il nostro nipotino, che è stato l’ultimo regalo di Cristian". La madre piange: "La mia vita è distrutta. Ebbi Cristian a 20 anni, sono cresciuta con lui: andavamo a girare in bici, ci capivamo con uno sguardo ed eravamo una persona unica".

Può raccontarci del figlio di Cristian?

"La compagna di Cristian, Valentina, presente al momento della tragedia, ha scoperto di essere incinta dopo la sua morte. Il bambino ha compiuto due anni il primo maggio: per noi è un sostegno, per fortuna che c’è lui...", spiega commosso il nonno.

Quali sono i vostri pensieri sul procedimento penale?

"È fondamentale che la giustizia acceleri i tempi. Non si può rimanere tre anni senza sapere nulla. Io sono un papà che quel giorno ha visto il figlio andare alla gara e non tornare più. L’autorità giudiziaria deve pensare a chi in questi anni ha sofferto: una sentenza rappresenta un primo punto fermo nella vicenda".

Che idea vi siete fatti su quanto accadde quel giorno? Secondo una consulenza della difesa, le due vittime «si trovavano in posizione di sicurezza, ma poi si spostarono in una zona pericolosa per fotografare o incitare il pilota della Peugeot».

"Non è vero che Cristian andò troppo vicino alla strada – rimarca il padre –. Lui e Davide erano vicini a un commissario di gara che li autorizzò a stare in quel punto, quindi non hanno violato le norme". Anche la madre di Cristian ne è certa: ""Mio figlio andava da vent’anni lì, in quella collinetta, sempre nello stesso posto. Quel giorno era lì con la sua compagna Valentina; altre volte ci era andato con noi genitori, come faceva fin da bambino, anche nei altri rally in tante altre zone d’Italia. Quando andava a seguire una gara, e sceglieva un posto, poi ci ritornava sempre".

Possibile che lui e l’altro giovane abbiano avuto una condotta imprudente?

"Fin da piccolo Cristian era un grande appassionato di motori, un interesse che gli avevo trasmesso io – prosegue il padre –. Correva coi go kart e in moto, ma faceva tutto con testa e sapeva fin dove doveva arrivare: non lo diciamo perché siamo i suoi genitori, lui era davvero molto responsabile. Ogni tanto faceva qualche gara a livello regionale ed era amico di tutti i piloti di Modena e Reggio".

Un aspetto che aggiunge dolore riguarda il fatto che al volante della Peugeot vi fosse un vigile del fuoco di Serramazzoni che era amico di suo figlio e lo travolse.

"Conosco quel ragazzo da quando è nato: era amico di Cristian spiega Giuseppe –. Ho sempre avuto la sensazione che l’aspetto della condotta dei due membri dell’equipaggio della Peugeot sia stato lasciato a margine".

Né lui, pilota della Peugeot, né il ‘navigatore’ al suo fianco, un reggiano titolare di un negozio, sono però finiti sott’inchiesta.

"Ho frequentato i rally per 40 anni e seguito molto l’automobilismo, ora un po’ meno – prosegue Giuseppe –. Lavoro alla Ferrari di Maranello occupandomi di basamenti e test per le auto; ho anche seguito cose per l’azienda in pista. Faccio questa considerazione sulla base della mia esperienza: il pilota di Serramazzoni ha fatto tante gare e quel giorno prima di lui erano passate altre auto più potenti. Secondo noi hanno ‘tirato’ troppo, senza frenare in quel punto nonostante la presenza di spettatori, privilegiando l’aspetto della competizione al pubblico".

Secondo lei l’inchiesta avrebbe dovuto vagliare anche l’azione del pilota e del navigatore?

"Ci sarebbe piaciuto capire se la condotta di guida dell’equipaggio era coerente con lo stato dei luoghi. A mio avviso c’è stato un eccesso di agonismo, ma quest’aspetto non è stato considerato, mentre si è pensato molto all’organizzazione e allo svolgimento della gara. Lo dico perché per lavoro ho seguito anche clienti nelle corse in Spagna e Ungheria, mentre l’anno scorso sarei dovuto andare ad Abu Dhabi".

Avete avuto contatti con il pilota?

"Nessuno dei due componenti della Peugeot ci ha mai contattati, neppure per farci le condoglianze. Ho incrociato due volte il pilota, ma senza che mi abbia mai detto nulla, nemmeno ’mi dispiace’. Per noi è un motivo di amarezza e di dispiacere. Ora speriamo che la giustizia acceleri e faccia il suo corso".