ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

Querela per diffamazione sui social. Salvini chiede 25mila euro a Costa

Il ministro si costituisce parte civile contro il consigliere regionale del Pd e quantifica il risarcimento. L’allora sindaco di Luzzara emanò un’ordinanza anti-cattiveria, poi diede del "pagliaccio" al leader della Lega. .

A sinistra, Andrea Costa ieri in aula Sopra, il ministro Matteo Salvini

A sinistra, Andrea Costa ieri in aula Sopra, il ministro Matteo Salvini

Dall’ordinanza anti cattiveria alle carte bollate. È la parabola che ha avuto, cinque anni dopo, l’iniziativa "buona", o forse "buonista", che prese il consigliere regionale del Pd Andrea Costa ai tempi in cui era sindaco di Luzzara. Il proclama pro gentilezza e contro gli hater ha finito per ritorcersi contro di lui, che poco prima di emanarlo l’aveva infranto per primo, per poi proclamarsi colpevole e autoapplicarsi la "pena" (qualche giorno di buone letture). Non ha invece lasciato correre il destinatario, il ministro Matteo Salvini, che ha querelato Costa per le sue parole su X e che ieri si è costituito parte civile in tribunale a Reggio. Il leader leghista ha intanto quantificato i danni che vuole chiedere a Costa in 25mila euro, "cifra che poi potrà essere ridiscussa", dice il suo avvocato Mattia Celva. Davanti al giudice Maria La Nave, ieri si è aperto il processo che vede Costa, presente in aula, imputato per diffamazione verso Salvini. Tutto nacque quando l’allora primo cittadino di Luzzara pubblicò il 4 gennaio 2019 un’ordinanza che istituiva un divieto singolare: "Manifestare rabbia, cattiveria e rancore e ogni atto teso a recare offesa a singoli o gruppi di cittadini". Nello spiegarne il senso, Costa portò anche la realtà del web: "Complice l’assenza del confronto de visu, molti si sentono liberi di usare espressioni che incitano all’odio, a perseguitare singoli individui o intere categorie sociali praticando una differenziazione per razza, religione, orientamento politico o sessuale". Tra le sanzioni, si proponevano "la lettura della Costituzione o di libri di Primo levi, Italo Calvino, Harper Lee; la visione di film come ‘La vita è bella’, visite al campo di Fossoli o al Museo Cervi; o almeno dieci ore di volontariato". Ma la marea del web non perdona, e infatti a stretto giro riportò a galla le frasi twittate da Costa pochi giorni prima, tra il 26 e il 27 dicembre 2018: "Il pagliaccio ministro degli Interni punta dell’infermità mentale" e "coglione pericoloso". Parole che provocarono la reazione social di Salvini: "Un sindaco del Pd emette un’ordinanza per punire la violenza verbale (...) e nel frattempo mi dà pubblicamente del pagliaccio (...). Ma secondo voi questi cos’hanno nel cervello? E, soprattutto, quanto volontariato dovrà fare questo poveretto in base alla sua stessa ordinanza?". Interpellato, Costa aveva ribattuto: "Proprio perché il contesto è inquinato si rischia di ammalarsi. Ed è quello che stava capitando anche a me: da qui ho avvertito ancora di più l’urgenza di emettere l’ordinanza. Che comunque colpisce l’esibizione di cattiveria, che è cosa ben diversa dall’esprimere una critica". E poi aveva poi detto di "essersi imposto alcune letture che male non fanno".

La ‘confessione’ non gli ha risparmiato una querela di Salvini e poi un decreto penale di condanna emesso dalla Procura, a cui lui si è opposto: da qui la citazione a giudizio. "Salvini si offese e Costa, che aveva avuto un tono del tutto ironico, comunque gli chiese scusa. Costa crede, com’è stato, di non aver mai voluto offenderlo o diffamarlo, ma solo di aver utilizzato un linguaggio simile a quello spesso usato da Salvini", dichiara l’avvocato Marco Scarpati, che difende Costa. Ieri il giudice ha aperto il dibattimento e le parti hanno avanzato le richieste di prova. Il pm ha citato Salvini come unico testimone, ma quando il giudice ha acquisito la querela, il pm ha poi detto di voler rinunciare a sentirlo, scelta a cui la parte civile, che non ha indicato testi non si è opposta. La difesa invece ha chiesto che il Ministro sia sentito: "Vogliamo venga a testimoniare per confrontarsi con noi", dice Scarpati che ha pure chiesto di depositare un centinaio di pagine di articoli "con frasi riferite a Salvini che usa le medesime parole di cui è causa". Si prosegue a novembre.

Alessandra Codeluppi