Correggio (Reggio Emilia), 10 gennaio 2023 – Correggio non è un paese di pianura qualsiasi. Ha dato natali e soprannome a quell’Antonio Allegri che si colloca nell’empireo dei più grandi pittori del Cinquecento. Vittorio Sgarbi dovrebbe ricordarlo, così come dovrebbe rammentare il proprio entusiasmo quando – entrando in quel sobrio laboratorio situato in via Cuneo 2, nella zona industriale – rimase folgorato dalla perfezione con cui i giovani fratelli De Pietri, Samuele e Cristian, avevano riprodotto con i loro sofisticati macchinari il suo olio su tela "La cattura di San Pietro", del pittore secentesco Rutilio Manetti.
Non pare ricordare di aver chiesto al Glab – questo il nome dell’avveniristico centro stampa – di replicare altre tele (sarebbero in tutto 6), tra cui un Valentin de Boulogne. "Ho ritenuto di dare una possibilità a questo gruppo di non so quale paese dell’Emilia-Romagna, a un signore che si chiama Samuele, il quale ha fatto delle brutte riproduzioni e gli è stato anche detto", così il sottosegretario alla cultura liquida in un video online la sua esperienza correggese.
Non paiono illuminargli i ricordi nemmeno le inchieste che lo coinvolgono: quella giornalistica di Report, quelle della Procura di Imperia sul de Boulogne (l’ipotesi sarebbe di aver provato a venderlo pur non essendo in possesso della licenza di esportazione o dell’attestato di libera circolazione) e quella della Procura di Macerata, sul Manetti, in cui sarebbe indagato per riciclaggio di beni culturali.
I due imprenditori hanno memoria migliore, come abbiamo potuto appurare visitando il loro laboratorio ipertecnologico, in cui campeggiano sorprendenti repliche di opere d’arte tra computer, super scanner ed enormi macchine da stampa. Lunedì, i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale li hanno interrogati come persone informate sui fatti e portato via materiali (tra cui pesanti files grafici e ricevute).
Si tratta di documenti riguardanti la riproduzione del Manetti e quelle di alcuni altri quadri, che potrebbero diventare oggetto di indagine.
"Vittorio fa perfino fatica a ricordare il mio nome – afferma Samuele –. Ma siamo stati insieme in dirette radio, in interventi pubblici anche in Parlamento... Sono stato a casa sua a pranzo per mostrare ai suoi ospiti le nostre repliche. Mi dispiace, perché noi non abbiamo mai espresso opinioni personali; ci siamo limitati a descrivere dati oggettivi alla stampa e ai carabinieri".
Un dato oggettivo è il disegno firmato "Vittorio Sgarbi" vergato su un muro dello Speak Easy, il locale trendy di proprietà dei De Pietri in centro a Correggio, dove il critico aveva pranzato durante una delle visite al GLab.
"Sgarbi ha detto che la nostra riproduzione della Venere del Botticelli esposta al Mart di Rovereto è grossolana... Per quale motivo a tre mesi di distanza il Mart ci avrebbe commissionato anche la replica della Venere della Galleria Sabauda? Perché avrebbe esposto il nostro Manetti alla mostra ‘I pittori della Luce’ del 2021 a Lucca, da lui curata?" Il Glab non fa foto 3D. "Nasciamo come stampatori digitali – racconta Samuele –. C’erano state tante volte domandate riproduzioni di altissimo livello, che allora venivano per lo più realizzate con lunghi interventi a mano sulle stampe. Abbiamo speso moltissimo tempo, energie e denaro in tecnologie per trovare una soluzione di riproduzione totale ed eccoci qui. Realizziamo una scansione sia della parte colore che della materia. In una settimana siamo andati agli Uffizi, fotografato la Venere e l’abbiamo riprodotta".
Nel GLab c’è un milione di euro tra scanner in grado di leggere anche frazioni di millimetro di spessore, una maxi stampante a 12 colori di produzione svizzera e software elaborati proprio da Cristian per raggiungere un risultato materico, tattile e visivo incredibile. "Per noi poter lavorare con Sgarbi era la consacrazione della qualità del nostro prodotto". Ma come distinguere il vero dal falso? "È difficile osservando solo il fronte del dipinto: bisogna guardare il retro, dove c’è una superficie moderna proprio per evitare fraintendimenti". La Procura di Macerata con la sua inchiesta sta cercando di vedere il retro di una vicenda iniziata con un furto di una "Cattura di San Pietro" in un castello piemontese e culminata con la replica esposta a Lucca.