Daniele Petrone
Cronaca

Camisasca a Scandiano per salutare l'amico Pupi Avati

Il regista: "Massimo, il film non sta andando bene"

Il vescovo Camisasca ha incontrato l'amico Pupi Avati a Scandiano

Il vescovo Camisasca ha incontrato l'amico Pupi Avati a Scandiano

Reggio Emilia, 29 settembre 2014 - «Don Massimo, come va? Io insomma. Questo film non sta andando benissimo e ci sto male…». Un dialogo captato, una sorta di confessione, quello di Pupi Avati al vescovo Massimo Camisasca che lo conforta: «Forse perché hai toccato corde profonde e non tutti capiscono e sanno apprezzare». Una carezza. E un abbraccio vero e sincero col regista che sabato sera era al cinema Boiardo di Scandiano, ospite d’onore dopo la proiezione della sua ultima pellicola Un Ragazzo d’Oro. Il vescovo di Reggio e il maestro Avati si conoscono bene. E si stimano. Tanto che Camisasca appena ha saputo della sua visita in terra reggiana, non ha voluto mancare. Il vescovo ha assistito alla proiezione in una sala gremita di gente. Presenti il sindaco di Scandiano Alessio Mammi e l’assessore alla cultura Alberto Pighini.   

Avati è arrivato al termine della visione per parlare assieme agli spettatori della sua ultima creazione. Ma prima, fuori dalla sala, una visita a sorpresa: Abramo Orlandini, che almeno una volta ogni reggiano avrà visto in centro; Abramo si è guadagnato un cameo nel film di Avati, facendo compagnia a Riccardo Scamarcio in una clinica psichiatrica e ha fatto parte di numerosi film di Avati che lo considera come un portafortuna. «Era appostato qui fuori, l’ho visto. Abbiamo fatto due chiacchiere e ci siamo abbracciati. Mi ha fatto piacere», ha detto Pupi. Poi è entrato tra gli applausi della platea. Parla del suo film e di quanto soffre per come la critica lo abbia stroncato. Amarezza doppia visto che lo ha girato col figlio. E proprio di padre e figlio si tratta. Di un rapporto «orrendo» per usare le parole del film tra padre e figlio. Avati confida che questa sua pellicola ha tantissime sfumature autobiografiche.   

«Mio padre morì quando avevo 12 anni, in un incidente stradale – racconta – Un incidente da prima pagina de Il Resto del Carlino. Dirò una cosa impopolare e che farà scalpore: la morte di mio padre mi agevolò, in un certo senso…». Poi prova a buttarla sul ridere: «Ero innamorato di una certa Carla di Russi. Lei non mi filava proprio. Ma il giorno dopo l’incidente tutti avevano saputo dai giornali di mio padre, eravamo come star. Tutti venivano da noi e lì ricevetti il mio primo bacio da questa Carla…». Poi tra tanti aneddoti della sua giovinezza e del film si sofferma su Sharon Stone. E i suoi capricci da star. «Volevo lei perché avevo bisogno di una donna che ammaliasse subito Scamarcio. Però non sapevo che ci volessero sei mesi di mail per convincerla. L’ultimo giorno di riprese, scappò perché c’erano troppi fotografi… Io e mio fratello la cercammo ovunque. Ad un certo punto chiama il manager da Los Angeles per dirci che sarebbe tornata solo se non ci fossero più flash. Sharon era nella macchina dietro di noi…».Infine la chiosa, che ha fatto sorridere anche Camisasca: «Il mondo sta andando a rotoli perché sta perdendo d’importanza il ruolo della famiglia e del matrimonio. Mi arrabbio quando sento parlare di questo anche da colleghi che magari si sono sposati due volte oppure stanno insieme da solo 3 anni… Io posso parlarne: sto da 50 anni con mia moglie. Con la stessa moglie e so cosa vuol dire».