A volte i cervelli in fuga ritornano. Anche se, nel caso di Luigi Palla, professore associato di Statistica Medica all’Università La Sapienza di Roma, il legame con Reggio, la sua città, è sempre stato solido e speciale. A cominciare dalla madre Liliana Del Cupolo, alla cui memoria ha istituito un premio all’Icar 2024 (Italian Conference on Aids and Antiviral Research).
Professore, qual è la sua formazione?
"Ho un dottorato in Metodologia Statistica per la ricerca scientifica all’Università di Bologna e dal 2004 al 2020 ho lavorato come ricercatore biostatistico alla Free University di Amsterdam, all’Università di Cambridge e alla London School of Hygiene and Tropical Medicine. Nel 2017 sono stato visiting professor all’università di Parma e nel 2019 e 2020 professore associato all’Istituto di Medicina Tropicale dell’università di Nagasaki. Mi sono trasferito nel Regno Unito a inizio 2008 per lavorare come statistico nell’unità di Epidemiologia del Medical Research Council nell’ospedale di Addenbrooke’s".
Lei è cittadino britannico.
"Feci domanda nel 2014, per la gratitudine che nutrivo per quel Paese, senza particolari vantaggi pratici, se non poter votare alle elezioni nazionali".
Da dove viene la decisione di rientrare a Reggio?
"Sono rientrato a fine 2020 perché ho avuto l’opportunità di una chiamata diretta dal dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive della Sapienza di Roma. Con Reggio ho sempre mantenuto un legame molto forte, è rimasto il mio baricentro affettivo e geografico, in mezzo agli incredibili stimoli delle persone e delle culture distanti che hanno arricchito e plasmato la mia vita".
Che cosa insegnava sua madre Liliana Del Cupolo?
"Scienze alle scuole superiori fino alla pensione nel 2007, e per molti anni al Bus fu insegnante di Biochimica e coordinatrice del triennio Biochimico. Il programma di biochimica corrispondeva a quello dell’esame di Biochimica nel corso di laurea in Biologia. Ricordo direttamente anche l’organizzazione da parte di mia madre di approfondimenti su tematiche scientifiche al tempo di grande attualità, sugli ogm (Organismi Geneticamente Modificati), gli Xenotrapianti e le Donne nella Scienza. Non solo il colosso Marie Curie, ma anche Barbara McClintock, Lise Meitner e Rosalind Franklin. Su quest’ultima aveva svolto seminari per la Società Dante Alighieri".
Qual è il premio in memoria di sua madre microbiologa, di cui si è appena tenuta la cerimonia a Roma?
"Sì, mia madre si laureò in Biologia nel 1970 con una tesi in Virologia, e poi svolse ricerca a Parma e Bologna lavorando soprattutto in microbiologia agraria (ad esempio la mutagenesi nei microorganismi dovuta agli antiparassitari), prima di vincere una cattedra nella scuola. Mi è sembrato pertanto coerente, e sono lieto che questa idea sia stata accolta positivamente dai presidenti del Congresso, di istituire un premio a suo nome in una conferenza nazionale come Icar (al Gemelli di Roma dal 19 al 21 giugno). Un premio rivolto a contributi sulla ricerca sul Covid19 nei pazienti immunocompromessi, la stessa situazione in cui si è trovata a combattere mia madre e in cui è necessaria una migliore integrazione tra cure ematologiche e infettive".
Una domanda all’epidemiologo. A distanza di oltre due anni dalla fase emergenziale della pandemia, che cosa dovremmo aspettarci per il futuro?
"Non sono io stesso un virologo né un medico, per cui lascio a esperti il commento su virus emergenti e rischi futuri. Tuttavia posso dirle che al congresso Icar abbiamo portato un contributo che indica come utilizzare l’andamento statistico dei dati di mortalità o di chiamate al PS come possibili campanelli d’allarme sull’arrivo di nuove minacce sanitarie, di natura infettiva o meno; strumenti essenziali per affrontare un futuro globale gremito di rischi e instabilità".