Reggio Emilia, 15 febbraio 2024 – “Reggio sulle interdittive è indietro di vent’anni. E ci sono ancora pochissime denunce da parte degli imprenditori", mentre al contrario, dopo il caso Saman c’stata un’escalation di procedimenti analoghi "di ragazze pachistane, indiane e bengalesi". Non le ha mai mandate a dire e anche ieri, il procuratore capo Calogero Gaetano Paci è stato tranchant nell’audizione durata oltre due ore a Roma, in commissione parlamentare antimafia (nella foto al tavolo con la presidente Chiara Colosimo) .
Paci è un fiume in piena sul ‘record’ di 136 esclusioni dalle white list emesse nel 2022 dalla prefettura reggiana. Cinque volte di più rispetto a Palermo. "Ciò non significa che a Palermo lo strumento non sia utilizzato e che non ci sia la cultura della prevenzione antimafia – ha premesso Paci – Al contrario vuol dire che in quei territori le interdittive sono in voga da decenni, cosa che non è avvenuta a Reggio, dove serve ancora usarle per evitare che molte imprese riconducibili a soggetti legati da reticoli parentali complessi ad esponenti della ‘ndrangheta, possano avere rapporti con la pubblica amministrazione e entrare nella white list". Secondo Paci "una sfasatura di almeno 20 anni ha fatto sì che, come accertato dal processo Aemilia, il fenomeno criminale potesse fare qui cose che nemmeno nei territori di origine si era permessa per affermarsi".
Insomma in Emilia, "c’è stato uno spazio eccessivamente ampio in cui, vuoi per la sua mancanza di violenza, vuoi per la sua maggiore capacità di adattarsi, l’organizzazione mafiosa ha finito per incontrare anche il favore degli imprenditori locali". E proprio sugli industriali, sferra ancora una strigliata come già un anno fa fece in un’intervista al Carlino . "Ancora oggi non riesco a capacitarmi che nonostante le straordinarie evidenze di questo fenomeno criminale, per esempio le segnalazioni di fatture per operazioni inesistenti da parte di professionisti, che pure sono obbligati per legge a farle, si contano sulle dita di due mani . Nonostante non siano mancate le occasioni per stimolarle, da parte delle associazioni datoriali e sindacali che potrebbero anche non denunciare ma evidenziare agli inquirenti un improvviso arricchimento di un concorrente rispetto alla fisiologica dinamica di mercato". Insomma, per il procuratore, "da questo punto di vista il territorio non manda segnali chiari e precisi".
Un forte j’accuse ribadito in un contesto come la criminalità mafiosa che – ammonisce Paci nella sua esposizione – "a Reggio è la frontiera più avanzata di quella che possiamo definire una dinamica evolutiva della criminalità mafiosa, che è tornata ad essere tout court, occupando segmenti di mercato da quelli più tradizionali come l’edilizia e la grande distribuzione organizzata a quelli più raffinati, come i rifiuti, le energie rinnovabili, la logistica e le scommesse".
In chiusura, a pochi mesi dalla sentenza del processo per l’omicidio di Saman Abbas svela: " Il mio ufficio è pieno di procedimenti che nascono da denunce di ragazze pachistane, indiane e bengalesi. Non cinesi che sono assolutamente invisibili" aggiungendo che "in provincia di Reggio esistono oltre 100 etnie e ci si può rendere conto del conflitto di valori che le giovani generazioni di queste famiglie subiscono nel momento in cui si misurano coi valori occidentali e non sono più disposti a seguire in toto determinati stili di vita o canoni religiosi". Infine Paci chiosa: "negli ultimi anni c’è stato a Reggio un numero di omicidi volontari, dai femminicidi a quelli per droga e mafia, che in relazione alla popolazione sono superiori a quelli di altre zone a maggiore vocazione criminale".