di Alessandra Codeluppi
"Il video disvela la volontà di infliggere sofferenze ulteriori - rispetto all’evento morte - alla vittima, a cui le numerose coltellate sono state inferte per prolungare in modo consapevole angoscia e paura. Tanto che la ragazza ha avuto il tempo per implorarlo di smettere, per dirgli che l’avrebbe persino pagato per lasciarla in vita, per urlare dalla paura fino all’ultimo mortale fendente, fino all’ultimo respiro prima di rimanere esanime". È uno dei passaggi-chiave in cui la corte d’Assise – presieduta dal giudice Cristina Beretti, a latere Chiara Alberti e i membri popolari – motiva il riconoscimento dell’aggravante della crudeltà a Hicham Boukssid (foto), condannato in maggio a 24 anni e mezzo di carcere. Il marocchino 36enne uccise a coltellate l’8 agosto 2019 la giovane Hui Zhou (foto), mentre lavorava nel bar ‘Moulin rouge’ in via Fratelli Manfredi. I suoi parenti si sono costituiti parte civile attraverso gli avvocati Giulio Cesare Bonazzi e Simona Magnani: a loro è stato riconosciuto il risarcimento dei danni in sede civile.
All’imputato è stato diagnosticato un disturbo della personalità schizotipico, con un nucleo deliroide che permea la sfera affettiva: l’amore per la ragazza esisteva solo nella sua fantasia. Nel dibattimento, invece, è stata battaglia non sulla responsabilità materiale del delitto - che era assodata - ma sulle aggravanti contestate: premeditazione, crudeltà e futili motivi.
I quattro psichiatri nominati dalle parti erano giunti a conclusioni non sempre concordanti sulla loro compatibilità con la malattia mentale del 36enne. All’esito del processo lo stesso pm Marco Marano aveva bocciato i futili motivi: una conclusione accolta anche dai giudici, alla luce dell’esclusione fatta da tutti gli specialisti per la sua malattia mentale. Il magistrato aveva chiesto però che si riconoscesse la premeditazione.
Lui era entrato nel bar già con un coltello in mano. "I testimoni lo sentirono dire: ‘Uscite o vi ammazzo tutti’. Avrebbe potuto fare una scelta diversa", aveva sostenuto Marano. La Corte, però, l’ha esclusa "perché non era in grado di valutare scenari alternativi".
Hanno invece riconosciuto la crudeltà, che l’avvocato difensore Pina Di Credico aveva chiesto di depennare: il legale si era rifatto a omicidi efferati in cui le vittime erano state attinte anche da 35 colpi (come Melania Rea), ma in cui l’aggravante era stata tolta. Discordanti anche le letture degli specialisti. Per lo psichiatra nominato dalla Corte non c’era la crudeltà, che invece secondo quello incaricato dal pm "operava al di fuori della patologia". Lo specialista ingaggiato dalla difesa non la ravvisava "per la modalità rapidissima dell’esecuzione".
Elemento, quest’ultimo, che invece la Corte ritiene fondamentale, rifacendosi alla valutazione fatta a suo tempo dal medico legale. "A Zhou furono sferrate nove coltellate, di cui solo l’ultima mortale. Le prime otto erano in zone non vitali, non funzionali al delitto e oggettivamente trasmodanti rispetto alla nona". La Corte ha poi indicato l’attenuante della seminfermità mentale come equivalente alla crudeltà. E ha bocciato le generiche, "anche tenuto conto che dopo il delitto lui si diede alla fuga per dieci giorni, consegnandosi una volta allo stremo".
La difesa aveva già preannunciato ricorso in Appello soprattutto contro la crudeltà e le mancate attenuanti generiche.