YLENIA ROCCO
Cronaca

Prete interdetto a Casalgrande Alto (Reggio Emilia), i fedeli: “Accolti tutti tranne noi”

Una lunga lettera delle famiglie in difesa di don Crescimanno, interdetto. Alla diocesi scrivono: "Vogliamo solo fare messa come 50 anni fa"

La comunità religiosa nata a Casalgrande Alto e guidata dal sacerdote modenese Claudio Crescimanno, riporta in una lunga lettera

La comunità religiosa nata a Casalgrande Alto e guidata dal sacerdote modenese Claudio Crescimanno, riporta in una lunga lettera

Casalgrande Alto (Reggio Emilia), 6 settembre 2024 – “Perché hanno il via libera i preti che dicono la messa sulle spiagge o sulle navi delle ong, mentre sono colpiti i preti che dicono la messa in latino sotto una tettoia in una proprietà privata?". È solo una delle tante domande che la Cittadella della Divina Misericordia, la comunità religiosa nata a Casalgrande Alto e guidata dal sacerdote modenese Claudio Crescimanno, riporta in una lunga lettera. Decine di righe scritte, nero su bianco, dopo che don Crescimanno venerdì scorso ha ricevuto la sentenza di interdizione dal tribunale ecclesiastico, che gli impone il divieto di celebrare e ricevere sacramenti.

"E di nuovo si parla di preti" scrivono, facendo notare come in questi anni marcati dai diversi interventi dell’autorità ecclesiastica "che riguardano sempre solo i preti" nessuno si sia interessato di una "comunità che è composta per il novantanove per cento di famiglie, cioè di laici". E proprio loro, i laici, con questo messaggio, provano a mettere qualche puntino sulle ’i’. Con il grande rispetto che precisano di avere per l’autorità, riconoscendo una sola chiesa di Cristo, quella Cattolica, spiegano il motivo che li avvicina alla Cittadella: "Lì troviamo quello che non troviamo altrove. Noi siamo affezionati ai sacerdoti della nostra comunità. Ma pare che nessuno si preoccupi di questo".

E chiedono se il loro bisogno spirituale, come essere umani e come cristiani, non conti niente: "Non suscita alcuna domanda in chi di dovere?". "Tutto è deciso passando sulle nostre teste, in modo autoritario e dirigistico" scrivono, riferendosi a ciò che avviene nelle parrocchie, dove "i preti vanno e vengo, nominati e trasferiti, senza che la gente possa dire niente. Anzi, con tono paternalistico ci viene sempre detto che l’autorità ‘prende le decisioni per il nostro bene’ come se fossimo bambini".

E si rivolgono alla Diocesi di Reggio Emilia e Guastalla, domandando il vero motivo di un "tormento" inizianto tre anni fa: "Com’è possibile che con tutte le questioni importanti e difficili di cui sicuramente deve occuparsi una diocesi, da tre anni si abbia tempo ed energie da dedicare a combattere una realtà così marginale ed ininfluente come la nostra? Perché è necessario dare il tormento ad una comunità di decine di famiglie, per lo più giovani, con tanti bambini e ragazzi, che desiderano semplicemente stare insieme da esseri umani e da cristiani?"

Si interrogano puntando il dito contro una Chiesa che "esalta la varietà delle idee e delle esperienze" ma che "malvede le comunità , come la nostra, che vogliono restare fedeli al catechismo dei nostri nonni". E ancora:

"Perché nella Chiesa dove c’è posto per la meditazione orientale e lo yoga, dove si fanno incontri spirituali con i bonzi e gli sciamani, si vuole mettere fuori legge una comunità che vuole pregare nelle forme in cui è stato sempre fatto? ".

Se la risposta a queste domande "è che ciò che è stato sempre fatto non si può più fare", allora per la Comunità della Diniva Misericordia significa che "la Chiesa cattolica, con il Vaticano II, non è solo cambiata, ma che ha rinnegato il suo passato; significa che tutto ciò che fino a 50 anni fa era raccomandato ed elogiato, oggi è condannato".

"In una Chiesa in cui, come dice il Papa, – concludono – c’è posto per tutti, ci può e ci deve essere posto anche per noi!".