DANIELE PETRONE
Cronaca

Reggio Emilia, il prefetto blocca la comunione ortodossa

Altolà al rito con il cucchiaio condiviso. Anche la Digos pronta a controllare. Alla fine la chiesa romena ha promesso: nessuna eucarestia

Un sacerdote ortodosso offre la comunione con il cucchiaio che poi verrà usato per tutti

Un sacerdote ortodosso offre la comunione con il cucchiaio che poi verrà usato per tutti

Reggio Emilia, 24 maggio 2020 - Niente comunione per gli ortodossi. Il Prefetto Maria Grazia Forte ha intimato lo stop al particolare rito della minoranza religiosa, ritenuto troppo pericoloso in questo momento di pandemia. Dunque le messe saranno celebrate regolarmente oggi, eliminando però l’eucaristia. A controllare ci penserà anche la Digos. Il caso era stato sollevato dal Carlino due giorni fa. "Il cucchiaio del contagio", lo avevamo chiamato. Sì, perché il procedimento prevede che il sacerdote o presbitero di turno, somministri un pezzo di pane imbevuto nel vin santo direttamente nella bocca (con contatto diretto) dei fedeli in processione, con l’utilizzo di un lungo cucchiaino d’oro. Unico per tutti. Evidente l’elevato rischio di contagio tra le persone con questa metodologia. Soprattutto perché sui novemila credenti ortodossi stimati sparsi in tutta la provincia reggiana, la maggior parte sono rappresentati da badanti e colf.  

Se queste si ammalassero di Coronavirus e tornassero dagli anziani che accudiscono sarebbe una potenziale strage. Ciononostante il protocollo della Chiesa Ortodossa non ha previsto alternative sulla comunione (qualche sacerdote responsabile, come a Modena, ha deciso di utilizzare cucchiaini di plastica monouso per poi bruciarli). Anzi, padre Evangelos Yfantidis, reverendissimo vicario generale archimandrita del trono ecumenico di Venezia, uno dei vertici degli Ortodossi in Italia, è sprezzante del pericolo. "Per voi è rischioso, secondo noi no. La nostra Fede è questa e continueremo a usare il cucchiaino...", ci ha dichiarato giovedì. Suscitando le ira di medici virologi e immunologi – dal celebre Giulio Tarro alla professoressa Cristina Mussini – che sulle nostre pagine hanno lanciato appelli affinché si evitasse la pratica.  

Detto e fatto. Dopo il nostro articolo, il capo di gabinetto della Prefettura, la dottoressa Rosa Correale ha preso coscienza del problema e ha sottoposto la questione sul tavolo del Prefetto. Così, sono cominciate le trattative per scongiurare ogni tipo di pericolo e trovare una soluzione. A dare una mano nella mediazione anche il vicario generale della Diocesi, monsignor Alberto Nicelli. Il quale ha contattato padre Mihail Ciocîrlan, riferimento della comunità ortodossa romena che svolgono le loro funzioni nella Chiesa del Cristo. E così ha strappato la promessa: messa sì, ma niente Comunione. Un accordo di buonsenso e di prevenzione sanitaria.  

Così come di buonsenso, per evitare assembramenti, è stata la risposta del sindaco Luca Vecchi alla stessa comunità che aveva chiesto di poter svolgere la messa di oggi all’aperto in piazzale Roversi perché in chiesa possono trovare posto solo in 30 con le regole di distanziamento sociale. Ma quella dei romeni, seppur sia la più consistente con circa seimila fedeli, non è l’unica fetta ortodossa sul nostro territorio.  

La minoranza religiosa al suo interno è molto spacchettata e si differenzia anche per alcune metodologie nelle funzioni. Non per l’eucaristia che si avvale sempre del prezioso cucchiaio. L’altra grande comunità è quella infatti dei moldavi; sono circa tremila e la loro parrocchia di riferimento in città è a San Zenone. Così come altri piccoli gruppi di ucraini e russi si ritrovano in alcuni luoghi adibiti al culto, vicino Sesso. Ma tutti questi – descritti come più ‘integralisti’ – hanno meno dialogo o rapporti con la Diocesi cattolico-cristiana. Ecco perché la Prefettura ha informato e preallertato anche il dirigente della Digos, Lucio Di Cicco. I suoi uomini in borghese sono pronti a vigilare sul rispetto delle prescrizioni e a raccogliere segnalazioni d’intelligence a riguardo. © RIPRODUZIONE RISERVATA