FRANCESCA CHILLONI
Cronaca

Pera indagato senza sapere per cosa. Tarquini: "Metodo incivile della procura"

Gianni Pera e Sara Ganapini di Montecchio coinvolti nell'inchiesta "Titano" su false fatturazioni senza essere informati dalla Procura. Avvocato critica la comunicazione pubblica delle indagini.

Pera indagato senza sapere per cosa. Tarquini: "Metodo incivile della procura"

Pera indagato senza sapere per cosa. Tarquini: "Metodo incivile della procura"

Scoprono dal giornale di essere coinvolti nella maxi inchiesta "Titano" su false fatturazioni, senza sapere cosa sia loro contestato dalla Procura della Repubblica. Una vicenda paradossale, quella che coinvolge Gianni Pera (nella foto), coordinatore della Confesercenti per l’area di Montecchio, e l’impiegata dello stesso ufficio Sara Ganapini, 45 anni. Per entrambi quella presso l’associazione di categoria è l’unica professione: "Non ho idea di cosa sono accusato. L’unica cosa a cui posso pensare - afferma Pera sgomento - è una vecchia vicenda legata ad alcune sponsorizzazioni, che mi era stata comunicata molto tempo fa e di cui poi non ho più saputo nulla".

Molto duro l’avvocato Giovanni Tarquini, difensore di entrambi: "Rispetto all’accusa non so cosa rispondere perché né a me né a loro è stato comunicato alcunché: non abbiamo contestazioni, avvisi di chiusura indagini… Nessun atto che li riguardi. Devo stigmatizzare fortemente questa ridondanza informativa da parte del Procuratore capo; si sta creando un clima incivile, e non ho timore ad affermarlo. Sì, abbiamo capito che noi reggiani siamo tutti una banda di manigoldi, ma non è civile che delle persone scoprano di essere indagate perché viene data la notizia ai giornali. Capisco che c’erano dei sequestri da attuare, e dunque che vari atti sono diventati pubblici… Ma ciò non giustifica un modo di comunicare che mi lascia molte perplessità".

Rispetto a Pera e Ganapini, che lunedì sera hanno incontrato il legale, Tarquini spiega che diversi anni fa era stata comunicata l’apertura di un’indagine relativa a sponsorizzazioni: "Ricevemmo anche un avviso di proroga, poi più nulla. Quindi è solo un’ipotesi che si tratti di quella vicenda: non vedo come l’inchiesta Titano sia collegata alla posizione dei miei due clienti. Un’altra ipotesi è che, dato che l’ufficio tiene la contabilità di numerose imprese, si supponga che i due dipendenti Confesercenti fossero a conoscenza di eventuali irregolarità. Ma ripeto: io che devo difenderli non so nulla, non ho riferimenti, non ho ricevuto alcun provvedimento da studiare. Spero che la cosa d’ora in poi rimanga nel silenzio come le indagini preliminari per definizione devono essere: segrete e riservate. Questo dovrebbero saperlo per prime la Procura e la Finanza". L’indagine Titano ha portato alla luce un presunto giro di false fatturazioni, portato al sequestro di 8 società "cartiere". Montagne di ‘carta’ prodotta apposta per guadagnare soldi illeciti. Formalmente risultavano aziende attive in svariati ambiti: commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi, macchine per l’edilizia, imballaggi, computer e software; fabbricazione di articoli metallici e vendita al dettaglio di articoli via internet. In realtà, secondo la ricostruzione investigativa, sarebbero state tutte società-cartiere, cioè dedite solo a emettere fatture per operazioni inesistenti, permettendo così a imprese terze compiacenti di usarle per evadere il fisco, indicando nel bilancio costi inesistenti. Dall’inchiesta è emerso che le 44 ditte interessate avrebbero usato, tra il 2018 e il 2022, nelle dichiarazioni annuali ai fini dell’Iva e delle imposte dirette, fatture ‘fasulle’ ricevute dalle cartiere per l’ammontare di 62 milioni di euro.