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Orrore in famiglia Uccide la moglie malata poi si toglie la vita lanciandosi dal tetto

Giampaolo Ravazzini, 62 anni, l’avrebbe ammazzata con un corpo contundente. La 60enne Rosa Moscatiello è stata trovata morta nel letto in un lago di sangue. La donna, ex infermiera, era seguita dal centro di salute mentale dell’Ausl.

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Orrore in famiglia Uccide la moglie malata poi si toglie la vita lanciandosi dal tetto

di Daniele Petrone

Uccide la moglie colpendola con un oggetto contundente, poi si lancia nel vuoto togliendosi la vita. Un omicidio-suicidio che scuote la piccola borgata di via Castello a Roteglia di Castellarano. Ha tutti gli effetti di un dramma familiare quello di Giampaolo Ravazzini (chiamato da tutti Paolo) e Rosa Moscatiello. Lui, 62 anni, originario della zona e tecnico della Tim ormai prossimo alla pensione che lavorava nel comprensorio ceramico per riparare guasti e montare apparecchi telefonici. Lei, 60 anni, di origini campane della zona di Battipaglia, nel salernitano, ex infermiera. Da tempo però era affetta da diversi problemi fisici e psichici: aveva la sclerosi multipla ed era seguita dal centro di salute mentale dell’Ausl a Scandiano.

Un quadro che avrebbe portato l’uomo all’esasperazione e a compiere il folle gesto. Sono circa le 7,30 di ieri quando un vicino di casa nota il corpo di Paolo a terra, nel cortile dell’abitazione. Lancia subito l’allarme al 118. Sul posto accorrono un’ambulanza, un’automedica e l’elisoccorso decollato dall’ospedale Maggiore di Parma. Al momento dell’arrivo del personale sanitario, era ancora vivo. Ma poi non si è potuto fare altro che constatare il decesso. Nel frattempo arrivano i carabinieri della stazione di Castellarano guidati dal maresciallo Domenico Botta, i primi ad arrivare sul posto. Salgono in casa e qui un’altra macabra scoperta: Rosa viene rinvenuta senza vita su un letto pieno di sangue. Da qui la prima ‘naturale’ ipotesi della morte violenta – che resta tuttora quella più accreditata dagli investigatori che stanno indagando senza lasciare nulla al caso – di un omicidio-suicidio: l’uomo avrebbe prima ammazzato la donna probabilmente con un corpo contundente e poi si sarebbe gettato dal balcone o dal tetto.

La scena del delitto viene contingentata. Arrivano il capitano Marco Spinelli della compagnia di Castelnovo ne’ Monti, poi gli uomini delle stazioni di Baiso e Casina in ausilio che cominciano a raccogliere testimonianze, in particolare dei vicini.

Viene immediatamente informato il nucleo investigativo del comando provinciale dell’Arma. Sul luogo giunge il tenente colonnello Aniello Mautone (foto in basso a destra) per i primi rilievi, in attesa che arrivino i reparti specializzati dei Ris e il medico legale. Accorrono anche il sindaco di Castellarano Giorgio Zanni e l’assessore al welfare Paolo Iotti. Infine il magistrato di turno, il sostituto procuratore Giulia Galfano (foto in basso a sinistra) titolare del fascicolo d’inchiesta, effettua il sopralluogo di persona. Un caso che di per sè è già chiuso. Non ci sono misteri da risolvere, ma resta da appurare in primis come il marito abbia ammazzato la moglie e in secondo luogo il movente.

Le prime ispezioni sul cadavere non riscontrano a ferite da taglio e neppure riconducibili ad armi da fuoco. Non viene trovato nessun coltello. Gli inquirenti non ritengono plausibile che l’uomo avrebbe pensato a nascondere l’arma del delitto se tra le sue intenzioni vi era quella di togliersi la vita. Piuttosto credono che abbia potuto utilizzare un corpo contundente che combacerebbe con alcuni segni sul cadavere. Un oggetto che però ancora non è stato né identificato né trovato dagli investigatori.

Sul movente, si cercano invece conferme a quanto sembra avere pochi dubbi. L’uomo avrebbe agito per esasperazione, portato quasi all’esaurimento dopo gli ultimi anni di gestione problematica della moglie a causa dell’aggravarsi della malattia. I vicini raccontano di dissidi e di numerose chiamate, anche nel passato recente, alle forze dell’ordine per le escandescenze di Rosa dettate dai suoi problemi psichiatrici, probabile conseguenza della Sla.

I coniugi per un breve periodo, fino al 2015 abitavano a Cadelbosco Sopra. Poi, sono tornati a vivere a Roteglia, luogo d’origine di Paolo, nell’appartamento della famiglia Ravazzini al civico 26 di via Castello, di proprietà del fratello Nello, noto in zona come imbianchino tuttofare, morto anni fa. Al piano di sopra dell’abitazione, ogni tanto veniva Gabriella, cognata di Paolo e vedova di Nello, che ora però vive a Civago, in Appennino. Negli ultimi tempi stavano molto in casa o si limitavano a passeggiate nel borgo e avevano poca vita sociale. Giampaolo e Rosa lasciano la figlia Federica, residente a Sant’Ilario d’Enza e due nipitini. Convocata ieri in caserma dai carabinieri, si è chiusa in un tremendo dolore.