Reggio Emilia, 19 aprile 2018 - Una stangata. Con non più uno, ma entrambi gli imputati ritenuti dal tribunale responsabili nell’assassinio. L’esito del processo in Corte d’Assise d’Appello, a Bologna, per i due albanesi considerati coinvolti nell’assassinio di Marco Montruccoli – l ’artigiano edile 34enne ucciso con quattordici coltellate il 2 febbraio 2015, alle Forche di Puianello – peggiora le condanne riportate in primo grado, il 12 maggio 2017. Ieri il collegio di Bologna – presieduto da Orazio Pescatore e affiancato dai giudici popolari – ha dato ventidue anni a Fatmir Hikaj per omicidio, innalzando i venti dati dal tribunale di Reggio che lo aveva riconosciuto colpevole per la morte, con eccesso doloso di legittima difesa. Allora al 31enne era stata riconosciuta l’attenuante della provocazione e non era stata applicata l’aggravante della crudeltà.
Ma è soprattutto la posizione di Daniel Tufa a essersi ribaltata: a Reggio era stato ritenuto estraneo al delitto, ed era stato condannato a sei anni per il tentato omicidio di Matteo Montruccoli, il fratello di Marco. Ma per Tufa, ieri, il tribunale di Bologna ha sentenziato tredici anni, riconoscendolo responsabile dell’omicidio in concorso. La sentenza di Reggio era stata impugnata da tutti: dal pm Maria Rita Pantani, dalle parti civili e dagli imputati.
La lunga giornata è cominciata alle 10, con le richieste del procuratore generale Paolo Giovagnoli, che ha di fatto ricalcato l’impianto accusatorio sostenuto dal pm Maria Rita Pantani: ergastolo per entrambi gli albanesi. Poi hanno preso la parola gli avvocati delle parti civili, i familiari, ieri tutti presenti in aula: i legali Marco Fornaciari (per Matteo Montruccoli), Francesca Guazzi (per i genitori di Marco) e Giovanni Tarquini (per i figli della vittima e della compagna, e la sorella) hanno insistito soprattutto sul fatto che gli albanesi non hanno hanno colpito i fratelli per legittima difesa, ma che si era trattato di un vero e proprio omicidio. Poi l’arringa dell’avvocato Carlo Taormina, che ha rimarcato la tesi opposta. Il giudice ha voluto anche sentire Matteo Montruccoli. La Corte si è ritirata alle 18 e dopo due ore ha emesso la sentenza.
Le parti civili si dicono soddisfatte. Per il legale Tarquini, «la corte ha dimostrato sensibilità verso i parenti. Siamo soddisfatti perché è stata riconoscita in pieno la tesi dell’accusa. La pronuncia rispecchia i fatti realmente accaduti». A nome dei familiari, il legale afferma che «seppur si rimanga sempre di fronte a una grossa sofferenza, che stanno ancora pagando, la sentenza viene accolta con favore». Sulla legittima difesa, vero nodo di questa vicenda giudiziario, Tarquini afferma che «l’obiettivo è stato raggiunto». Sulla scia anche Guazzi: «Eravamo infatti ricorsi in appello sostenendo che ci fosse il concorso in omicidio per entrambi». Per il legale Fornaciari «sono state accolte le nostre istanze e quelle del pm Pantani».
È un colpo duro, invece, per la difesa, che annuncia il ricorso in Cassazione. L’avvocato Carlo Taormina parla di «sentenza assolutamente imprevista». Per Hicaj «è stato confermato l’impianto inziale, per Tufa la condanna sia per omicidio, riconosciuto in questa sentenza, sia per il tentato omicidio, a tredici anni totali». Il legale polemizza con il procuratore Giovagnoli: «Ha avuto argomentazioni disumane». E attacca anche la Corte: «Il dibattimento si è svolto in modo frettoloso e discutibile. Ai miei assistiti è venuto il dubbio di essere stati discriminati per la loro nazionalità d’origine. Con il ricorso al terzo grado di giudizio, spero di risolvere l’atteggiamento che ho riscontrato in questa regione». E in Cassazione Taormina intende dare battaglia ancora sulla legittima difesa: «Basti pensare alle gravi ferite riportate soprattutto da Tufa. Se non è ravvisabile in questa vicenda, allora non la è mai».