
Omicidio al Moulin Rouge Pena ridotta a Boukssid "L’infermità mentale prevale sulla crudeltà"
La crudeltà è stata confermata, mentre la difesa ne aveva chiesto l’eliminazione. Ma su quest’aggravante è stata riconosciuta prevalente l’attenuante del vizio parziale di mente. Da qui ne è derivato un alleggerimento della condanna: dai 24 anni e mezzo dati in primo grado, ora dovrà scontare invece 20 e 6 mesi. È il verdetto emesso ieri dalla Corte d’Assise d’Appello per Hicham Boukssid: lui è il marocchino 38enne che uccise a coltellate, l’8 agosto 2019, la giovane cinese Hui Zhou, 25 anni, mentre lavorava nel bar ‘Moulin rouge’ che gestiva insieme alla famiglia in via Fratelli Manfredi. Boukssid fuggì, rendendosi irreperibile per dieci giorni, e poi si consegnò. Gli psichiatri gli diagnosticarono la seminfermità mentale. L’amore per la giovane uccisa esisteva solo nella sua mente e si nutriva di significati magici, che lui attribuiva ad alcuni elementi ma senza alcun riscontro nella realtà. Per lui in primo grado era stato chiesto l’ergastolo. Il sostituito procuratore generale in Appello Stefano Orsi ha chiesto ieri la conferma della sentenza di primo grado, parlando di "femminicidio". Definizione a cui si è opposta l’avvocato Pina Di Credico: "Lo hanno ribadito tutti gli psichiatri: lui uccise non perché fu rifiutato, ma perché, solo nella sua testa, aveva una relazione sentimentale con lei". Cinque i motivi di ricorso della difesa, che ha chiesto innanzitutto l’esclusione della crudeltà, il massimo riconoscimento per il vizio di mente e le attenuanti generiche. Inoltre ha domandato che la misura di sicurezza nella Rems, ieri indicata in 3 anni, fosse sostituita con la libertà vigilata. L’avvocato Di Credico ha sostenuto che l’aggravante della crudeltà non sussiste perché la condotta dell’imputato non era volta a infliggere sofferenze ulteriori rispetto alla morte: "L’azione fu fulminea: i nove colpi erano diretti a uccidere e l’ultimo provocò il decesso non perché fu violento, ma perché toccò l’aorta". Diversa la lettura data dalla Corte reggiana presieduta da Cristina Beretti: "Le numerose coltellate - scrisse nelle motivazioni - furono inferte per prolungare in modo consapevole angoscia e paura. Tanto che la ragazza ebbe il tempo per implorarlo di smettere, per dirgli che l’avrebbe persino pagato per lasciarla in vita". E ancora: "I primi otto fendenti erano in zone non funzionali al delitto". L’avvocato Di Credico proseguirà la battaglia legale: "Sono soddisfatta per l’importanza che la Corte di Bologna ha riconosciuto al vizio parziale di mente. Ma l’obiettivo della difesa è di far escludere l’aggravante della crudeltà, per la quale non sussistono i presupposti. Dopo la lettura delle motivazioni ricorrerò in Cassazione".
Alessandra Codeluppi