
Ha parlato ieri a Bologna nell’aula della Corte d’Assise dietro un paravento.
Si è tornati a parlare dei delitti di mafia al nord, nell’aula della Corte d’Assise di Bologna, all’udienza dell’appello bis sugli omicidi di ‘ndrangheta dell’inizio degli anni Ottanta a Reggio Emilia e Brescello, con vittime Nicola Vasapollo e Giuseppe Ruggiero. Dietro a un paravento, per evitare che possa essere identificato e riconosciuto, il pentito Angelo Salvatore Cortese, sessantenne, ha rievocato la consegna di 25 milioni di lire ricevuto nel 1992 per i delitti da commettere al Nord. Dietro quella spedizione ci sarebbe stata la vendetta per la morte di Paolino Lagrotteria, esponente vicino ai Ciampà, ucciso a Cutro nell’estate di 33 anni fa. Episodi che avevano incrinato parecchi rapporti tra i clan calabresi. I sicari viaggiarono in auto dalla Calabria al Settentrione, soprattutto di notte, per avere minor rischio di incappare in controlli di polizia e carabinieri. Dramone Ruggiero venne ucciso il 6 settembre a Cremona, il 21 settembre toccò a Nicola Vasapollo a Reggio, il giorno dopo Giuseppe Ruggiero a Brescello, quest’ultimo assassinato in piena notte da sicari travestiti da carabinieri. Una tesI, quella del pentito, che si contrappone alla versione degli imputati Nicolino Grande Aracri, Angelo Greco (videocollegati dal carcere), Antonio Lerose (presente ieri in aula) e Antonio Ciampà (ieri assente all’udienza).