LARA MARIA FERRARI
Cronaca

‘Non ci avete fatto niente’. Tina Montinaro tra i ragazzi: "Dalla mafia non si scappa"

A Reggio la vedova del caposcorta di Giovanni Falcone che morì nella strage di Capaci. L’incontro con gli studenti in Questura. "Antonio mi ha insegnato l’amore per il prossimo".

A Reggio la vedova del caposcorta di Giovanni Falcone che morì nella strage di Capaci. L’incontro con gli studenti in Questura. "Antonio mi ha insegnato l’amore per il prossimo".

A Reggio la vedova del caposcorta di Giovanni Falcone che morì nella strage di Capaci. L’incontro con gli studenti in Questura. "Antonio mi ha insegnato l’amore per il prossimo".

"Non ci avete fatto niente". Non poteva essere interpretato in modo migliore, se non appunto nella presenza di Tina Montinaro, vedova di Antonio, che perse la vita nella strage di Capaci il 23 maggio 1992 insieme al magistrato Giovanni Falcone, a cui faceva da caposcorta, alla moglie Francesca Morvillo e agli altri uomini della scorta Rocco Dicillo e Vito Schifani, il titolo dell’evento di ieri mattina nel piazzale della Questura, nell’ambito del progetto ‘Conoscersi per comprendersi: la Polizia tra le persone’, che ha raccolto una moltitudine di studenti delle scuole reggiane. Vedova di un poliziotto che all’epoca dei fatti aveva solo 29 anni, la signora Montinaro è sì l’incarnazione di una memoria tragica nella storia del nostro Paese, ma è soprattutto una donna che porta con fierezza, e amore, in tutta Italia il ricordo dell’uomo che ha amato, che aveva scelto di mettersi al servizio dello Stato, e il suo porsi a simbolo di lotta contro la criminalità organizzata di stampo mafioso.

Da allora, e sono passati più di 30 anni, "La mafia ha studiato – dirà nell’incontro – le nuove leve hanno frequentato le migliori scuole, l’Università. Parlano più lingue, occupano i posti di potere e comandano". Una testimonianza dolorosa, resa con passione e orgoglio, davanti a una platea di giovanissimi, ai quali Tina si è rivolta con tenerezza, trasformando il ricordo in un incontro vivo e vibrante in cui, felice, si è concessa alle domande dei ragazzi. Davanti alle autorità, al prefetto Maria Rita Cocciufa e al questore Giuseppe Maggese, la signora Montinaro, mamma di Giovanni e Gaetano, piccolissimi quando al papà veniva strappata la vita, ha raccontato il sacrificio di suo marito affinché diventi un monito, esibendo la teca della Quarto Savona Quindici, contenente i resti della Fiat Croma su cui viaggiavano Falcone e gli altri, al momento dell’attentato, centrata dalla deflagrazione di circa 500 chili di tritolo. "Nei vostri occhi vedo lui, che era un ragazzino – dice Tina – Antonio mi ha insegnato l’umanità e l’amore per il prossimo, perché se non si ha amore non si può mettere la propria vita a rischio per un altro uomo".

L’agente Montinaro "ha fatto una fine atroce – ricorda Tina – però la sua grandezza sta nella consapevolezza. Sapeva perfettamente che poteva accadere da un momento all’altro. E me lo disse". Una frase che ancora oggi, pronunciata in un piazzale assolato a distanza di trent’anni, desta angoscia: "Il giorno che accade mi verrai a prendere con il cucchiaino, perché di me non resterà più nulla". Però ai giovani la vedova Montinaro vuole dire che la vita è fatta di scelte, e lui aveva fatto quella scelta. Una scelta che fa camminare lei e i suoi figli a testa alta, nel loro Paese. Oggi Tina e i suoi ragazzi, fra cui c’è Giovanni, "come il magistrato di Antonio", vivono a Palermo. Una decisione presa di comune accordo, "Nonostante quella città ci abbia tolto tanto" ammette Tina, "Ma noi non scappiamo". Oggi si rivolge ai giovani, che debbono essere diversi da noi, dice la donna. Debbono sapere, non ci si può permettere un passo indietro, "perché i mafiosi stragisti sono scomparsi, ma la mafia si è evoluta e prolifera ovunque".