Reggio Emilia, 17 dicembre 2024 – Ventidue richieste di condanna e due di assoluzione. Le ha avanzate in tribunale a Ravenna il pm della Dda di Bologna Marco Forte nel processo con rito ordinario scaturito dall’operazione ‘Radici’, condotta dalla Finanza e che ha toccato anche la nostra città. Secondo gli inquirenti, la Fp group, fondata nel 2018, sarebbe stata la società con sede a Reggio attraverso cui uomini ritenuti operativi per la ‘ndrangheta acquisivano attività commerciali in Romagna e poi le spolpavano. Davanti al collegio dei giudici presieduto da Cecilia Calandra, si contestano l’associazione a delinquere finalizzata a bancarotta, intestazioni fittizie, autoriciclaggio, estorsioni e altri reati, talvolta con l’aggravante 416 bis.
Gli imputati si sarebbero accaparrati attività imprenditoriali per poi portarle talvolta al fallimento. Come emerso per la ‘In the pansoow-whilees srl’, prima denominata ‘Fp group srl’ , dichiarata fallita nell’aprile 2021. E la Tda packaging design, con sede legale in via Sicilia a Reggio, fallita nell’ottobre 2020. Oltre alla Tda packaging Eu srl, con sede operativa a Reggio in via Sardegna 8 e sede a Vignola (Mo). Le condotte illecite avrebbero riguardato anche quattro ditte nel settore panificazione, ristorazione e alberghiero tra Imola (Bo), Cesenatico (Fc), Cervia (Ra) e un’altra azienda a Modena. Tra le parti civili figurano il Comune di Reggio, Cgil regionale e di Forlì-Cesena, Cisl e Uil, Libera, nonché Marco Ballotta, ex portiere di serie A e della Reggiana calcio. Per Francesco Patamia, che fu candidato alla Camera a Piacenza con la lista ‘Noi moderati’, originario di Gioia Tauro (Reggio Calabria), il pm ha chiesto 13 anni e 11mila euro di multa. Lui e il padre Rocco Patamia, per il quale la domanda è stata di 11 anni e 10 mesi più 11mila euro di multa, erano membri del consiglio di amministrazione di Fp group.
Secondo la Dda, i Patamia attraverso la Fp group facevano attività societarie apparentemente lecite, collaborando con famiglie in odore di mafia come i Piromalli di Gioia Tauro e intrattenendo rapporti con Teodoro Mazzaferro (1956) nipote dell’omonimo boss nato nel 1938. La pena più alta - 15 anni e 11 mesi più 13mila euro di multa - è stata chiesta per Saverio Serra, per estorsione, intestazioni fittizie, bancarotta, autoriciclaggio, minacce, lesioni e incendio, tutti con aggravante 416 bis. Figura Giovanni Battista Moschella: per lui si ravvisano la bancarotta e anche la minaccia aggravata con 416 bis ai danni di Ballotta, per un episodio del maggio 2021: chiesti 7 anni e 3 mesi. Poi l’avvocato Domenico Arena, attivo a Modena, chiesti 3 anni e 8 mesi: è ritenuto consigliere dei Patamia nelle operazioni fraudolente con il commercialista Marcello Bagalà, presidente del collegio sindacale della Fp group (domandati 4 anni).
Per Claudia Bianchi, residente a Reggio, chiesti 2 anni con le generiche per bancarotta in concorso. Tra le vicende contestate, un pestaggio con aggravante mafiosa ai danni di un broker di Bergamo il 24 ottobre 2019 al casello autostradale reggiano: oltre a Saverio Serra e Moschella, devono risponderns Michele Scrugli (chiesti 4 anni) Leoluca Serra (chiesti 4 anni e 6 mesi più 3mila euro di multa), Giovanni Forgione e Carmelo Forgione (per loro chiesti 3 anni e 6 mesi).