Un nuovo processo sulle vicende a sfondo mafioso avvenute a Brescello e non solo. Una sorta di ‘Grimilde bis’, connesso ma distinto rispetto alla nota operazione scattata nel 2019 sulla ‘ndrangheta nel paese della Bassa e già approdata ai filoni con rito abbreviato e ordinario. Nell’udienza preliminare fissata in tribunale a Bologna l’11 dicembre, come anticipato dal Carlino, sfileranno i due ex sindaci di Brescello Giuseppe Vezzani e Marcello Coffrini, in veste di imputati per concorso esterno alla mafia.
Oltre a loro figurano altre dieci persone: davanti al gup di Bologna Roberta Malavasi compariranno in tutto dodici imputati, tra cui molti già toccati dalla prima indagine ‘Grimilde e due volti ‘nuovi’. Per tutti loro il procuratore capo Francesco Caleca e il pm della Dda Beatrice Ronchi (foto sotto), titolare dell’inchiesta, hanno chiesto il rinvio a giudizio.
EX SINDACI
A Coffrini e Vezzani si contesta di svolgere il mandato "tutelando gli interessi del sodalizio mafioso o di alcuni esponenti (anche di vertice), così rafforzando la consorteria".
Le condotte al centro dall’accusa sono le stesse emerse nel giugno 2023, quando si chiusero le indagini preliminari: numerose vicende collegate sia allo scioglimento del Comune sia emerse dal processo ‘Grimilde’.
Abbiamo interpellato ieri sia i due ex amministratori sia i loro difensori (avvocati Mario L’Insalata ed Eleonora Ciliberti per Coffrini; avvocati Valeria Miari e Alessio Fornaciari per Vezzani): al momento non rilasciano dichiarazioni. Per l’accusa a loro formulata, figura come parte offesa il Comune di Brescello, oltre a quello di Reggio, la Provincia, la Regione e il ministero dell’Interno.
COLLETTO BIANCO
Compare Mauro Usuardi (1947), nato a Suzzara (Mn) e residente a Parma: in veste di commercialista revisore legale con studio nella città ducale, è accusato di riciclaggio con l’aggravante di aver agevolato la cosca emiliana. Il reato sarebbe stato commesso nell’agosto settembre 2016, tra Reggio e Parma, in concorso con altri sei, tra cui Salvatore Grande Aracri, il nipote del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri e l’ex presidente del consiglio comunale di Piacenza Giuseppe Caruso, già condannati definitivi per mafia in ‘Grimilde’, rito abbreviato. Avrebbero contribuito a trasferire denaro di provenienza delittuosa dalla società italo-maltese Maloa ltd attraverso operazioni soprattutto bancarie, con ripetuti passaggi di denaro su diversi conti correnti. Maloa esercitava commercio di prodotti petroliferi: i referenti avrebbero fatto ingenti truffe per diritti di accise non versati. Usuardi avrebbe messo a disposizione la propria carta prepagata con Iban lussembughese e avrebbe ricevuto soldi dalla Maloa per 100.256 euro attraverso cinque bonifici. E avrebbe emesso una fattura ritenuta falsa di pari valore "relativa a operazioni professionali mai effettuate da Lusuardi alla Maloa", trattenendo per sé 5.256 euro "quale remunerazione per la disponibilità prestata alla cosca". Gli altri 95mila euro li avrebbe smistati tramite vari bonifici a Salvatore Grande Aracri, ei fratelli Giuseppe e Albino Caruso, Pascal Varano, Claudio Bologna, Leonardo Villirillo, già condannati definitivi.
MINACCE
Compare per la prima volta anche Paolo Pucci (1987), domiciliato a Roma, nipote di Santina Pucci, la moglie di Francesco Grande Aracri, condannato per mafia in ‘Grimilde’ in Appello a 24 anni con rito ordinario. Manuel Conte, imputato di ‘Grimilde’, e il padre, avevano reso testimonianza in tribunale nella primavera 2022, accusando soprattutto Francesco Grande Aracri e il figlio Paolo. Il genitore di Manuel Conte figurava peraltro come persona offesa di un’estorsione attribuita a Francesco, poi dichiarata prescritta. Pucci avrebbe contattato Conte padre al telefono il 19 gennaio 2023 per due volte, dicendogli: "Infame di m., presto morirai... Infami". Secondo la Dda, parole "chiaramente allusive alle testimonianze rese in aula da padre e figlio e a conseguenti ritorsioni della ‘ndrangheta".
UNA DONNA
A Rosita Grande Aracri, sorella di Salvatore e Paolo, già processata in ‘Grimilde’ per intestazioni fittizie, ora si muove l’accusa pesante di far parte dell’associazione mafiosa, "pienamente informata di strategie, affari e problemi". Le si contesta di essere stata per un decennio prestanome del padre Francesco nella titolarità della società Eurogrande costruzioni, rendendosi suo portavoce e permettendogli di fare affari con la ‘ndrangheta. Partecipando ai colloqui in carcere col padre, avrebbe garantito scambi tra lui e altri in libertà, facendosi tramite di imposizioni del genitore ai sodali. Avrebbe anche agito in modo da evitare sequestri di beni, anche dopo l’emissione di provvedimenti del tribunale reggiano dal 2013. Dopo gli arresti del padre e dei fratelli Salvatore e Paolo nel giugno 2019, avrebbe portato avanti l’attività della cosca su indicazione dei detenuti.
ALTRE ACCUSE
In concorso con Salvatore Grande Aracri, risulta imputato anche Devid Sassi per una storia di usura in ‘Grimilde’ (così riqualificata dalla Cassazione rispetto all’iniziale accusa di estorsione). Poi sulla vicenda di intestazione fittizia della società Viesse di Brescello, viene chiamato a rispondere anche Leonardo Villirillo in veste di ragioniere.