PAOLO GRILLI
Cronaca

Aemilia, "La cosca minacciò aziende e coop"

Le integrazioni alle imputazioni presentate dalla Dda al processo contro la 'ndrangheta

Gianluigi Sarcone, arrestato a inizio 2015, secondo l’accusa dirigeva il clan dal carcere

Reggio Emilia, 10 febbraio 2018 - Propriomentre si apprestava a vivere le ultime fasi in vista della sentenza, il processo Aemilia potrebbe avere una corposa integrazione, con conseguente allungamento dei tempi, vista la modifica alle imputazioni chiesta giovedì dal pm Beatrice Ronchi. Ora il dubbio è innanzitutto se la Corte riterrà fondata l’istanza, e in caso positivo, poi, se questa verrà ritenuta una variazione non tale da mutare la struttura del processo (con le difese eventualmente in grado di fornire prove a discarico) o se sarà necessario un procedimento a parte. Più che probabile che i difensori si opporranno all’integrazione. Ma ecco come il magistrato ha integrato le imputazioni. Innanzitutto, si dice nel capo di imputazione che l’associazione di stampo mafioso poteva contare anche su «persone in parte identificate, come Carmine Sarcone». Il fratello di Nicolino e Gianluigi, arrestato nelle scorse settimane, viene quindi integrato dal pm nel ‘sodalizio’. E tra le attività del clan, vengono inseriti anche «ricettazione, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza delittuosa in attività economiche, vedi l’affare Sorbolo, l’affare Oppido».

L’integrazione individua per Gianluigi Sarcone e Luigi Muto (cl. 1975) un ruolo direttivo nella cosca dal gennaio 2015 fino a oggi. Quanto a Michele Bolognino, si sostiene che dopo l’arresto abbia «confermato l’adesione alle regole e alla strategia del sodalizio».

In particolare, dell’altro imputato Gaetano Blasco si dice poi che abbia attuato dal carcere «l’intimidazione di testimoni, secondo in particolare le indicazioni di Gianluigi Sarcone».

Riguardo il pentito Antonio Valerio, il pm dice che abbia confermato anch’egli l’adesione al clan dall’arresto fino alla decisione di collaborare, nel giugno scorso. Adesione che viene attribuita fino a oggi anche ai ‘partecipi’ dell’associazione Moncef Baachaoui, Eugenio Sergio, Carmine Belfiore, Gianni Floro Vito (anche con partecipazione all’intimidazione dei testimoni), Sergio Bolognino (con particolare posizione di preminenza tra chi era in carcere),Vincenzo Mancuso, Francesco Lomonaco.

Di Gianluigi Sarcone si ribadisce il presunto ruolo di direzione dal carcere, «fornendo un costante contributo per la vita dell’associazione>. Per i magistrati, nel tempo aveva anche mandato lettere minacciose indirizzate ad aziende e coop del territorio: Iren, Agac, Transcoop. A condividere con lui questa strategia intimidatoria sarebbe stato l’imputato Pasquale Brescia. Nel clan fino a oggi, per regole e strategie, anche dopo l’arresto sono considerati anche Palmo e Giuseppe Vertinelli, Graziano Schirone, Antonio Crivaro, Maurizio Cavedo, Antonio Floro Vito, Antonio Muto (cl.1955), il pentito Salvatore Muto fino alla decisione di collaborare, Alfonso Paolini, Pierino Vetere, Luigi Silipo, Alfredo Amato, Gabriele Valerioti, Carmine Arena.

Ad Antonio Muto (cl.1978) si attribuisce poi il ruolo di «collettore» tra i vertici della cosca cutrese e gli appartamenti al sodalizio emiliano.