Reggio Emilia, 10 settembre 2024 – Omicidio colposo con violazione delle norme per la sicurezza sul lavoro e del codice stradale. È l’accusa di cui i due soci di una pizzeria reggiana, un 49enne e un 33enne, dovranno rispondere a processo per la morte di Elena Russo, una studentessa universitaria di 20 anni che frequentava giurisprudenza a Modena, lavorava per quel locale consegnando pizze a domicilio e faceva volontariato per la Croce Rossa. Entrambi sono stati rinviati a giudizio ieri dal giudice dell’udienza preliminare Luca Ramponi: per loro il rito ordinario inizierà in novembre. Nella sera del 30 gennaio 2022, dopo le 20, durante l’attività di consegna a domicilio, la giovane, mentre da San Bartolomeo percorreva via Tirabassi verso Reggio, si schiantò contro un albero al volante della Fiat Punto fornita dalla pizzeria, si rovesciò e perse la vita. L’allora pubblico ministero Laura Galli (da qualche tempo in servizio a Modena) iscrisse i due uomini nel registro degli indagati, per poi sostenere nel settembre 2022 che non si potesse formulare una ragionevole previsione di condanna. Ma, alla luce di una consulenza, gli avvocati dei genitori della 20enne si opposero.
Il giudice delle indagini preliminari Andrea Rat rigettò la domanda di archiviazione formulata dal pm e restituì gli atti alla Procura perché promuovesse accertamenti tecnici, poi fatti nel contraddittorio delle parti durante un incidente probatorio. Nell’aprile di quest’anno, il giudice Rat ha ordinato alla Procura di formulare l’imputazione coatta, decisione arrivata alla luce della relazione fatta dall’ingegnere Mattia Strangi, nominato dal tribunale.
Nel frattempo il fascicolo è stato preso in carico dai nuovi pubblici ministeri Stefano Finocchiaro e Denise Panoutsopoulos, che hanno ravvisato irregolarità nella macchina. Nel nuovo capo di imputazione, descrivono la Punto con pneumatici "in grave stato di usura, con microfessurazioni e crepe", oltreché "vetusti e con oltre sedici anni di utilizzo", particolare che anticipò il Carlino. Nonché "in parte privi di battistrada", "totalmente lisci nella parte esterna" e "differenti tra loro per marche, modello e disegno".
La procura contesta ai titolari di aver violato la legge che regola la tutela dei lavoratori, per aver fornito alla giovane un’auto non conforme ai fini della sicurezza, non sottoposta a idonea manutenzione e neppure in linea con le prescrizioni del codice della strada secondo cui i mezzi a motore in circolazione devono essere tenuti in condizioni di massima efficienza.
Secondo i pm, trascurando queste norme, i titolari avrebbero apportato "un contributo causale" al verificarsi dell’incidente stradale che comportò la morte di Elena: lei, facendo una curva a destra, "perse aderenza al terreno e quindi il controllo del mezzo".
Ieri mattina i genitori si sono costituiti parte civile: la madre Annamaria Catrambone è seguita dall’avvocato Giulio Cesare Bonazzi, il padre Francesco Russo dall’avvocato Simona Magnani. Si è costituita responsabile civile la compagnia assicurativa dell’auto attraverso l’avvocato Giuseppe Benassi.
Gli imputati sono assistiti dall’avvocato Nino Giordano Ruffini, che ieri si è opposto alla richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pm Panoutsopoulos: secondo la difesa, l’incidente fu causato dall’alta velocità tenuta dalla ragazza, calcolata dal consulente di parte attorno ai 130 chilometri orari in un punto dove il limite è dei 50.
In passato il valore è stato stimato in modo variabile: per il primo esperto incaricato dalla Procura, era sui 140 orari; per l’ingegnere incaricato dai genitori, non più di 50, a causa di buio e condizioni della strada.
Il primo perito nominato dal tribunale stimò molto meno del valore della Procura; poi in gennaio il nuovo specialista incaricato dal giudice ha ravvisato i problemi degli pneumatici e, in in base alle foto, ha indicato una velocità intorno ai 110. I genitori, in un’intervista al Carlino rilasciata in maggio, avevano chiesto "giustizia" esprimendo il desiderio di intitolare alla figlia scomparsa una borsa di studio per contribuire all’Università di Modena che ha già intitolato un’aula a Elena, e aprire una casa-famiglia in sua memoria.