È emersa ieri in tribunale una nuova vicenda giudiziaria a carico di Alfonso Mendicino, 49enne di origine cutrese, ora detenuto nel carcere di Asti, da cui ieri era videocollegato: l’uomo sta scontando una pena definitiva a 6 anni e 8 mesi nell’ambito del processo Aemilia. Nel processo era accusato di lesioni aggravate dalla discriminante razziale e di violenza privata: il giudice Luigi Tirone, pronunciando la sentenza, ha escluso l’aggravante razziale, e poiché la querela sporta nei suoi confronti era stata ritirata, ha emesso il non doversi procedere e lo ha condannato a pagare le spese processuali.
Mendicino era stato denunciato dal suo vicino di casa a Cavriago, di origine marocchina. Quest’ultimo nella mattina del 28 maggio 2016 stava pulendo il cortile, non riuscendo però a finire i lavori perché sarebbe dovuto andare a scuola a prendere i figli. Così accumulò lo sporco in un punto per poi proseguire al rientro. Al suo ritorno, Mendicino lo avrebbe offeso: "Non siamo in Marocco, siete abituati a vivere nella m., raccogli quella m. che hai lasciato", per poi lanciargli volantini contro. Mendicino gli avrebbe dato uno schiaffo alla nuca, poi al volto con entrambe le mani colpendo anche le orecchie.
Furono chiamati i carabinieri e l’uomo andò al pronto soccorso di Montecchio che gli rilevò una lacerazione a un orecchio con prognosi di quindici giorni. Il pubblico ministero ha chiesto per il reato di violenza privata il non diversi procedere per remissione di querela. Per le lesioni aggravate dalla discriminazione razziale, pur essendo stata ritirata la denuncia, il pm ha sostenuto che le frasi erano state sentite non solo dall’uomo, ma anche da un testimone di cui ieri è stato acquisito il racconto reso in fase di indagini.
Ha chiesto così un anno e 3 mesi di condanna (6 mesi, più altri 3 per l’aggravante razziale, in aggiunta alla recidiva). L’avvocato difensore Mattia Fontanesi ha concordato col pm sulla violenza privata; mentre per le lesioni ha sostenuto che non si configurasse l’aggravante razzista che avrebbe determinato la procedibilità d’ufficio del reato.
Alessandra Codeluppi