CHIARA GABRIELLI
Cronaca

“Massacrato con un tirapugni perché ho difeso mia figlia”

Reggio Emilia, viaggio in zona stazione. Il barista di via Eritrea: “Spacciano in pieno giorno e molestano le ragazze, qui non si riesce più a lavorare”. Pusher, degrado e rifiuti. Il racconto di un pensionato: “Ho chiesto di passare e mi hanno buttato a terra”

A sinistra, Piazzale Marconi, all’incrocio con via Eritrea, accanto alla stazione storica; a destra, Il barista di via Eritrea mostra gli ematomi frutto del pestaggio

A sinistra, Piazzale Marconi, all’incrocio con via Eritrea, accanto alla stazione storica; a destra, Il barista di via Eritrea mostra gli ematomi frutto del pestaggio

Reggio Emilia, 29 maggio 2024 – Fate un esperimento, se avete tempo. Prendete viale IV Novembre, poi arrivate in piazzale Marconi, infine svoltate in via Eritrea e proseguite per via Ceva: vedrete, in ordine sparso, compravendita di droga alla luce del sole, rifiuti lasciati ovunque, cortili nel degrado e poi cercherete di non concentrarvi sull’orina ben visibile sui muri e negli atri esterni dei palazzi e di non fare caso a chi vi gira intorno con fare sospetto e il cappuccio a coprire il viso. Ma, soprattutto, vedrete residenti e lavoratori terrorizzati: addosso i segni dei pestaggi recenti, negli occhi la paura di dover vivere in quella zona, la ormai tristemente nota stazione storica, diventata ostaggio di pusher e sbandati. Come racconta uno dei pensionati del quartiere, reduce da un’aggressione, pochi giorni fa, davanti al portone di casa sua, in via Eritrea 6: qui, a ogni ora del giorno, ma specialmente di pomeriggio, sera e notte, stazionano in via ‘permanente’ bande di spacciatori.

“Dovevo passare per entrare in casa – racconta il pensionato, 79 anni, per una vita ha lavorato come artigiano –, così ho chiesto solo di spostarsi, di andarsene di lì. Uno di loro, sarà stato alto un metro e novanta, mi ha afferrato per la manica e mi ha scaraventato a terra”.

Mostra i segni alla mano, le ferite si vedono ancora. “Viviamo qui dal 1991 – proseguono lui e la moglie –, certo una volta era tutto diverso, questo era un quartiere medio borghese, di benestanti. Se avessimo saputo che sarebbe andata a finire così, non saremmo mai venuti ad abitare in questa zona. E chi lo farebbe? Qui spacciano, si picchiano, urlano, si tirano bottiglie, insultano. È così sempre. Quando mia moglie va in tabaccheria, dopo pranzo, io sorveglio dalla finestra, siamo a questo punto. Abbiamo paura di uscire di casa”. Chiamano e richiamano le forze dell’ordine.

“La nostra media? Una telefonata alla polizia a settimana. Il più delle volte è per il lancio di bottiglie in strada, ma anche perché vengono a spacciare dentro i nostri cortili privati”. Un’amarezza infinita. “Chi è che ha voglia di venire a fare la spesa da queste parti? Proprio nessuno – il commento dei pensionati –. Oggi di qua passa pochissima gente”.

E lo conferma il titolare del bar di via Eritrea, gestito da una coppia cinese: non solo, si sfoga, il lavoro è un disastro, ma “mi hanno anche picchiato”. L’episodio è di alcuni giorni fa: “Come al solito, si erano messi a fare le palline di droga qui davanti al bar, per poi lasciarle nei vasi sul marciapiede, di fronte l’attività. Non è tutto. Una delle mie figlie che stava passando è stata presa di mira per l’ennesima volta, la molestavano, le si avvicinavano, le davano fastidio. È stata l’ultima goccia. Ho urlato di smetterla, dicendo che avrei chiamato la polizia come tante altre volte. Per lo più di solito mi minacciano, mi dicono ’Stai attento’. Ma stavolta uno di loro mi ha massacrato con il tirapugni”.

Si tira su la maglietta, a scoprire il petto e la schiena, pieni di ematomi, e il braccio ferito. “Mi fa ancora molto male. E al mio amico non è andata meglio, l’hanno ferito alla fronte, era una maschera di sangue”, racconta il barista.

“La situazione è degenerata negli ultimi due anni, non si lavora più, oltre che è anche pericoloso. E infatti, siamo costretti a chiudere il bar alle 18.30”. La vicina attività di kebab non vende alcolici, per esempio. “Cosa chiediamo? Che mandino via queste bande – le parole di residenti e lavoratori –, che ci siano controlli costanti e presidi fissi. Così di sicuro non è possibile andare avanti”. “Non ci stancheremo di chiedere la presenza fissa dell’esercito – aggiunge Gianni Felici, del Comitato IV Novembre, che proprio ieri ha spedito una lettera-appello al procuratore capo Calogero Gaetano Paci sulla sicurezza in zona stazione –, che non vediamo come la soluzione definitiva, ma permetterebbe di alleggerire il carico delle forze dell’ordine. Intanto, però, basterebbe poco, anche solo, per dire, che la Municipale impedisse di invadere i marciapiedi di bici e monopattini”. E proprio mentre dice così, un ragazzo sfreccia in bici sul marciapiede e solo per un pelo non lo centra. “Non si va in bici sul marciapiede“, gli grida dietro Felici. E quello, per tutta risposta, lo manda tranquillamente a quel paese. Così si conclude la bella mattinata in zona stazione.