Martiri del 7 Luglio. Il fratello di Franchi:: "Manca ancora la verità. Non ci fu provocazione"

Silvano, oggi 82enne, era in piazza con Ovidio e lo vide cadere sotto i colpi della polizia: "Fu giustiziato da dietro a sangue freddo". A Eboli: "Comprendo il suo dolore, ma ancora non si dice antifascista".

Martiri del 7 Luglio. Il fratello di Franchi:: "Manca ancora la verità. Non ci fu provocazione"

Martiri del 7 Luglio. Il fratello di Franchi:: "Manca ancora la verità. Non ci fu provocazione"

di Gabriele Gallo

Sessantaquattro anni sono un tempo lunghissimo. Ma a volte non bastano a chiudere le ferite di una vita. Specie se sono profonde, come perdere un fratello, in giovane età, in modo tragico. Silvano Franchi, fratello di Ovidio, uno dei cinque martiri del 7 luglio 1960 a Reggio, oggi 82enne, non intende chiudere i conti col passato "fino a quando su quel pomeriggio non sarà fatta completa luce".

Franchi, quanto è importante, nel 2024, ricordare quel giorno?

"E’ fondamentale. Per un familiare e per una città intera. C’è ancora una domanda chiave a cui non è stata data risposta: perché è successo? La realtà è che ci sono cinque giovani giustiziati ma rimasti senza giustizia".

Cosa manca ancora? I processi sono stati celebrati…

"Ma hanno chiarito ben poco, soprattutto non hanno fatto luce su quale disegno politico c’era dietro al governo Tambroni. C’era la volontà di fermare il dissenso nelle piazze e Reggio, proprio per la sua storia, pagò il prezzo più alto".

C’è tuttora tanta amarezza nelle sue parole…

"Perché sin dall’inizio le vittime, e i loro familiari, furono offesi, a partire dallo spostamento del processo a Milano, per legittima suspicione: una grave offesa alla città e un preciso segnale. Si doveva fare in modo che lo Stato non venisse incolpato".

Proprio il sangue versato a Reggio contribuì a far cadere Tambroni.

"E’ vero, ma fu un sacrificio terribile, un prezzo troppo alto".

Ricorda ancora tutto di quel pomeriggio?

"Ogni particolare: soprattutto il secondo colpo che giustiziò Ovidio, a sangue freddo e alle spalle. Arrivammo in piazza poco dopo le 16, per riunirci ai ragazzi della Fgci (Federazione dei giovani comunisti, ndr). Ma ben presto dal clima di gioiosa partecipazione si arrivò al dramma".

L’intervento della Polizia. Dopo 60 anni ancora non è chiaro se fu provocata o meno…

"Non sta nè in cielo nè in terra. Noi quel giorno abbiamo solamente subìto. I nostri genitori ci avevano detto di restare tranquilli e di andare in piazza per costruire, non per demolire. Invece iniziarono subito i caroselli, i getti degli idranti, le manganellate, i gas lacrimogeni. Era un pomeriggio di sole estivo ma sembrava di essere immersi nella nebbia autunnale. Cercammo riparo nella chiesa di San Francesco ma ci chiusero le porte in faccia, e restammo sul selciato in balia degli spari. Marino Serri reagì protestando e fu subito freddato, Ovidio e io riparammo verso l’isolato San Rocco, lui fu falciato da una raffica al bacino e poi colpito alle spalle. Alle 16 eravamo ancora a casa sereni, alle 17 era morto".

Fu lei ad avvisare i suoi genitori?

"Avevamo appuntamento con nostro padre alle 17.30, davanti all’hotel Astoria. Credevo sapesse già cosa era accaduto, invece dovetti dirglielo io: crollò letteralmente a terra".

Quali sono stati i momenti più difficili?

"Ovviamente i primi giorni, ma sin dall’inizio la vicinanza dei vertici del Pci nazionale e dei reggiani, la tanta solidarietà ricevuta dopo in mille modi, aiutò ad alleggerire il peso del nostro dramma"

Anche la Democrazia Cristiana di Reggio fu solidale però…

"E’ vero, in particolare Corrado Corghi (segretario regionale Dc, ndr) che mi raccontò di avere avuto pure un furioso litigio con Tambroni che cercava di sminuire quanto era accaduto".

Nel 2022 la stretta di mano tra lei e Marco Eboli, storico esponente della destra reggiana il cui padre, poliziotto, fu oggetto di un pestaggio poche settimane dopo il 7 luglio che lo rese cieco, parve a molti un segno di riconciliazione…

"Non si può chiudere niente finché non sarà stata detta tutta la verità, ed è una cosa che ripeterò anche alle celebrazioni di quest’anno. Tuttavia in quell’occasione trovai la platea spiazzata dalla mia presenza ma fui ascoltato con attenzione e rispetto. Inoltre era da tempo che volevo conoscere Eboli, la sua mano l’ho accolta e credo ci fosse sincero spirito di conciliazione da parte sua. Umanamente ho compreso, e comprendo tuttora, il travaglio di suo padre e il suo: ma attendo ancora che si dichiari antifascista".

Crede che il suo desiderio di arrivare alla completa verità si avvererà?

"Non dispero, perché la verità prima o poi viene sempre a galla. In passato è mancata la volontà politica anche quando ce ne potevano essere le condizioni (l’ex parlamentare Ds Antonio Soda propose una commissione d’inchiesta parlamentare, ma il procedimento non ebbe corso, ndr) ora non mi pare sia proprio il clima adatto. Vedremo se, tra qualche anno, ci sarà chi vorrà farsene carico. Ad ogni modo la cosa importante è che Reggio non dimentichi i suoi cinque figli martiri e la ragione per cui sono stati uccisi".