Nell’inchiesta sui presunti illeciti avvenuti in un patronato cittadino, oltre all’impiegato 26enne per il quale il gip Dario De Luca ha emesso una misura cautelare, figurano indagate altre tre persone a piede libero. Si tratta della dirigente del patronato, del suo compagno e di un altro operatore: per tutti e quattro l’ipotesi di reato formulata è di concussione in concorso. Sulla vicenda sono ancora in corso accertamenti investigativi, per approfondire lo scenario finora emerso: quello di un giro di denaro per fare prodotto sui cittadini ucraini in fuga dalla guerra. Il 26enne italiano, di origine ghanese, era stato arrestato e inizialmente messo ai domiciliari. Poi, accogliendo la richiesta della difesa, il giudice De Luca ha alleggerito la misura cautelare tramutandola nell’obbligo di firma quotidiano. Ma ha anche disposto per lui la sospensione dal lavoro nel patronato per un anno. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il giovane avrebbe intascato soldi per mandare avanti pratiche che in realtà sarebbero dovute essere gratuite. I fatti contestati risalgono alla fine del febbraio 2022, poco dopo lo scoppio del conflitto con la Russia, quando vi fu un boom di richieste di ricongiungimento familiare da parte dei cittadini ucraini già presenti in Italia per motivi di lavoro. Il giovane, residente in città, avrebbe chiesto circa 100 euro ciascuno a sei ucraini: quasi tutte badanti che chiedevano protezione per i propri familiari e si erano rivolte al piccolo patronato con sede nella zona della stazione. A loro sarebbe stato garantito l’arrivo veloce dei documenti in questura, dove però l’iter sarebbe stato comunque celere e gratuito. L’inchiesta, condotta dalla squadra mobile e dall’ufficio immigrazione della questura, è coordinata dal pubblico ministero Valentina Salvi. Durante l’interrogatorio di garanzia, l’impiegato 26enne, assistito dall’avvocato Alessandro Occhinegro, e che lavorava al front office, aveva sostenuto di essere solo un mero esecutore di ordini impartiti dall’alto: "Io facevo soltanto quello che mi dicevano di fare". Aveva negato di aver mai intascato denaro. Ha anche spiegato che il suo compito era quello di domandare agli ucraini i documenti e una quota da mettere nella cassa del patronato e da annotare nel registro per le tessere. E che per quelle transazioni di denaro non veniva emessa fattura perché non era suo compito. Sulla condotta degli indagati, e sulle prassi di lavoro adottate nel patronato, sono in corso ulteriori accertamenti. Intanto emerge che la dirigente è stata sentita il giorno dopo l’interrogatorio di garanzia del 26enne.
Alessandra Codeluppi