REDAZIONE REGGIO EMILIA

L’ombra dei dazi sul lambrusco: "L’America si era già messa avanti. A inizio anno ordini saliti del 90%"

Paola Rinaldini (azienda agricola Il Moro, Sant’Ilario): "Difficile fare previsioni, come tutti sono preoccupata. L’unica fiducia la ripongo nei consumatori giovani, più attenti alla qualità. Questo potrebbe premiarci".

Paola Rinaldini (azienda agricola Il Moro, Sant’Ilario): "Difficile fare previsioni, come tutti sono preoccupata. L’unica fiducia la ripongo nei consumatori giovani, più attenti alla qualità. Questo potrebbe premiarci".

Paola Rinaldini (azienda agricola Il Moro, Sant’Ilario): "Difficile fare previsioni, come tutti sono preoccupata. L’unica fiducia la ripongo nei consumatori giovani, più attenti alla qualità. Questo potrebbe premiarci".

di Giulia Beneventi

"Sono molto preoccupata da questa situazione, come penso tutti i miei colleghi. Senza girarci intorno: sappiamo benissimo che la guerra dei dazi non fa bene a nessuno". Paola Rinaldini, titolare di Rinaldini Vini - azienda agricola Il Moro di Sant’Ilario, va dritta al punto...per quanto possibile, ovvio. Difficile sapere cosa aspettarsi dal futuro, ma senza dubbio la nuova politica import-export di Trump non fa soffiare venti favorevoli.

Il mercato di Rinaldini Vini si rivolge molto al mondo horeca: ristorazione, alberghi, locali, catering. Nel dettaglio, l’Italia ha il 45%, i privati il 15% e l’export arriva al 40%. Uno dei loro prodotti di punta, il ‘Vecchio Moro’, è stato omaggiato dal quotidiano britannico The Independent come "il miglior Lambrusco al mondo da abbinare con i salumi e il Parmigiano Reggiano", elogio seguito da quello di Dave McIntyre, giornalista specializzato nella categoria Food, sulle pagine del Washington Post.

Da una cantina ricavata in un’antica cascina del 1884 in terra emiliana, la qualità di questa azienda è arrivata alla conquista degli Stati Uniti. Una liason, come tante italiane, che ora corre seri rischi di cedimento. "Speriamo che siano anche le nostre governance a trovare soluzioni, non solo quelle americane – sottolinea Rinaldini –. Altrimenti le ripercussioni saranno negative...per usare un eufemismo".

Quali sono i primi effetti dei dazi sulla vostra attività?

"Il mercato americano si è mosso già nei primi mesi dell’anno con importazioni importanti, ben sopra il trend normale".

Hanno fatto scorta, insomma. Quanta e in quanto tempo?

"Tra dicembre e febbraio, nel nostro caso, le importazioni dall’America hanno registrato un buon 90% in più. Immagino però che per chi fa numeri più grandi dei nostri, anche questo possa essere un problema".

In che senso?

"Un’azienda come la mia ha un’esportazione Usa importante ma non grandissima. Chi muove milioni di bottiglie e si trova ordini di import duplicati, deve trovare anche lo spazio per immagazzinare il prodotto e non è semplice".

Sul vostro export quanto incidono gli Stati Uniti?

"Siamo sul 10/15%".

Per quanto gli americani possano mettersi avanti con gli ordini, anche quelle scorte però finiranno.

"E bisognerà vedere se i dazi ci saranno ancora. Siamo in una fase di contrattazione, o almeno è quello che si spera. Altra cosa di cui tener conto: i mercati non toccati dai dazi. Arrivati a un certo punto, nulla esclude che scelgano di rivolgersi anche altrove, penso al Cile o all’Australia".

La decantata qualità del Made in Italy potrebbe non bastare?

"Quello che mi dà un minimo di speranza è che oggi il consumatore di vino è più attento, non solo in Italia ma a livello mondiale. È più scrupoloso su cosa va a comprare: beve meno, ma più di qualità. Si nota soprattutto su un trend più giovane".

Di che fascia d’età parliamo?

"Direi tra i venti e i quarant’anni. I giovani che oggi si avvicinano al mondo del vino hanno un’attenzione diversa rispetto alle generazioni più mature".

Cioè le generazioni nate e cresciute con il vino cosiddetto ’da tavola’?

"Esatto. Un giovane oggi è tendenzialmente più acculturato in materia di vini. Anche parlando degli Stati Uniti, fa proprio tendenza essere un cultore del vino. Una volta non era così. La fortuna del lambrusco è stata questa: essere un vino simpatico, dolce e dal costo contenuto. Un appeal facile. Oggi però il consumatore americano, ma anche oltre, cerca la qualità. Le ripeto: spero che questo ci dia un minimo di vantaggio, ma resta una situazione tutta in divenire che al momento non mi mette certo tranquilla".