"Fuori dal mio ristorante: qui voi non mangiate. Noi non serviamo il lupo di Bibbiano". È la frase che Claudio Foti, psicologo torinese imputato nel processo ‘Angeli e demoni’ sui presunti affidi illeciti di bambini, si sarebbe sentito rivolgere mercoledì sera dal responsabile del locale, che lo ha riconosciuto seduto al tavolo insieme a uno dei suoi avvocati, Giuseppe Rossodivita.
L’episodio è stato accennato ieri in aula dall’altro codifensore, Andrea Coffari, nel corso dell’udienza tutta incentrata sull’arringa dei legali dello psicologo.
Poi, al termine della mattinata, è stato l’avvocato Rossodivita a spiegare l’episodio ai giornalisti: "Foti ed io siamo stati aggrediti verbalmente. Un episodio vergognoso, che testimonia quanto il clima mediatico sia diventato pesante", ha esordito. "Eravamo a tavola, quando ho sentito dire: ‘Che schifo. Inizio a sudare, chiudo il locale’. E persino: ‘Foti è quello che indossava il cappello da lupo’", in riferimento ai travestimenti che sarebbero stati adottati dagli psicologi del centro ‘Hansel e Gretel’ con i bambini che avevano traumi.
"Lui, il direttore del locale, era alle mie spalle e guardava nella mia direzione. Poi ci ha invitati a uscire e ha dato ordine ai camerieri di sparecchiare il nostro tavolo".
Rossodivita ha provato a dissuaderlo: "Gli ho spiegato che è vittima di disinformazione. Che quello di Foti è un nuovo caso Enzo Tortora, e che quanto accaduto potrebbe capitare anche a lui: in Italia ci sono mille casi all’anno di errori giudiziari".
L’avvocato è anche consigliere generale del Partito Radicale, che un anno fa si schierò in difesa di Foti, accostato al presentatore tv diventato il simbolo della malagiustizia.
"Ma quel responsabile non cambiava idea. A quel punto ho chiamato il 112, e i carabinieri sono arrivati. Poi un’altra figura, il direttore della struttura, è intervenuto e ha detto ai camerieri di riapparecchiare. Ma Foti ed io ce ne siamo andati a cenare altrove. Voglio precisare che stamattina (ieri, ndr) ho ricevuto le scuse dal direttore. Intendiamo sporgere querela".
Foti deve rispondere di frode processuale e lesioni per la psicoterapia praticata ad una ragazzina fatte, secondo la Procura, "con modalità suggestive, ingenerando in lei la convinzione di essere stata abusata dal padre e dal socio" e causandole "depressione".
Sull’affidamento della psicoterapia a Bibbiano senza bando di gara e con tariffe orarie doppie rispetto alla norma, è accusato anche di abuso d’ufficio. Per lui, giudicato con rito abbreviato, il pm Valentina Salvi ha chiesto la condanna a sei anni.
Ieri Coffari ha parlato per cinque ore filate, fino alle 14.40. Nel pomeriggio parola a Rossodivita.
La difesa ha fatto proiettatare i video di una giovane, non legata al processo, che fece psicoterapia con Foti: in questo caso lo psicologo finì al centro di un procedimento disciplinare, ma la ragazza lo ha difeso, dicendo che lui le ha salvato la vita. Poi altri spezzoni delle audizioni della ragazzina che nel processo si è costituita parte civile, tutelata dall’avvocato Vincenzo Belli. "Abbiamo dimostrato che le accuse a Foti non stanno in piedi: è un’incriminazione pazzesca e assurda - ha detto Coffari -. La rilevanza mediatica ha rischiato di distruggere uno dei più importanti psicoterapeuti che ha lavorato sulla cultura della tutela dei bambini".
Nella prossima udienza, l’11 novembre, previste le repliche e poi il gup Dario De Luca emetterà la sentenza e deciderà sui rinvii a giudizio.