Dopo oltre due anni di sequestro, necessario per permettere lo svolgimento delle indagini, tornano al proprietario le due abitazioni di Novellara al centro della tragica parabola di Saman Abbas, la 18enne pakistana uccisa perché secondo la Procura si sarebbe opposta alle nozze combinate dalla famiglia con un cugino in Pakistan. La Corte d’Assise, presieduta dal giudice Cristina Beretti, ha disposto il loro dissequestro. Si tratta della casa di via Comunale 103, una porzione del casolare dove ha sede l’azienda agricola Bartoli: qui abitavano Saman e i genitori imputati, il padre Shabbar Abbas e la madre Nazia Shaheen. E poi la casa di via Comunale 2 a Campagnola dove risiedevano gli altri tre finiti a processo, lo zio Danish Hasnain e i cugini Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq. Da tempo i proprietari chiedevano di riavere i due edifici, ma la Procura aveva espresso parere negativo in attesa del completamento della perizia commissionata dal tribunale. Ma ora che gli accertamenti tecnici sono terminati, il pm Laura Galli ha dato il via libera e la Corte ha così disposto il dissequestro. "Abbiamo tribolato per due anni e non vedevamo l’ora di riavere le due abitazioni", commenta Ivan Bartoli, che gestisce le proprietà: "Da allora è rimasto tutto com’era, salvo l’intervento degli inquirenti che hanno dovuto controllare tutto". Il titolare dell’azienda agricola ha notato che ora nell’immobile di via Comunale "ci sono i topi". Soprattutto questa casa, "più diroccata", ma anche l’altra dove abitava Saman "saranno sottoposte a lavori per rimetterle a posto e renderle abitabili dalla primavera per i lavoratori stagionali, funzione a cui da sempre erano adibite". Certo non basterà una pennellata di colore per dimenticare la storia terribile della giovane uccisa e i misteri ancora celati da quelle mura: "Un pensiero per Saman c’è sempre. Rientrare in quelle case sarà d’impatto".
Intanto il processo continuerà domani. Attesa la deposizione del fratello di Saman, oggi 18enne, snodo fondamentale del dibattimento: lui, costituito parte civile attraverso l’avvocato Valeria Miari, è considerato un teste-chiave dell’accusa. In aula martedì c’è stata un’accesa discussione sulla sua veste processuale, su cui la Corte dovrà decidere: parte delle difese ritiene che debba essere inquadrato come indagato, altri come teste. Le parti civili hanno ribattuto che lui, presente a casa quando Saman sparì nella notte del 1° maggio 2021, "faccia paura". Di recente il ragazzo ha ricevuto anche dal Pakistan messaggi che lo invitavano a non presentarsi al processo, inviati da terzi per conto della madre Nazia: fatto su cui la Procura ha aperto un fascicolo per minacce.
Alessandra Codeluppi