Assessore alla cultura Marco Mietto, siamo terz’ultimi in Italia nella classifica del Sole 24 Ore alla voce ’Bar, cinema e ristoranti’ ogni 100mila abitanti. Male anche le librerie. È preoccupante?
"Comincio da un’osservazione di dettaglio: il mio mestiere fino a sei mesi fa era quello di dirigere un ente di ricerca sociale. Quindi guardo queste statistiche con qualche perplessità: la principale riguarda appunto ’cinema, bar e ristoranti’. Al primo posto abbiamo Benevento e in ultimo posto Milano. Mi pare intuitivo che l’offerta milanese in questa categoria sia leggermente superiore a quella di Benevento. Leggerei personalmente questa particolare statistica a rovescio. Poi, nello specifico, ci sono certamente dei problemi".
Nei cinema, ad esempio.
"Sui cinema c’è una grandissima crisi del privato. In centro c’è un solo cinema, in sofferenza peraltro. Dal punto di vista dell’offerta pubblica parliamo invece di una sala che dà una buona offerta (il Rosebud) e un numero di produzioni cinematografiche sul territorio, lo scorso anno, molto interessanti".
Questa provincia sta diventando sempre più attrattiva come set cinematografico?
"In questi mesi ho vagliato 6-7 richieste in questo senso sulla città: abbiamo un rapporto molto forte con Emilia Romagna Film Commission. È un segnale di vitalità".
Quindi questi numeri non la impensieriscono?
"Non mi preoccupo tanto delle classifiche. Piuttosto di alcuni problemi reali che ho incontrato in questi mesi".
Ci dica.
"Le offerte culturali: io direi che ne abbiamo troppe. In questi sei mesi non ho vagliato mai meno di 7/8 proposte la settimana, di ogni genere, in tutte le discipline artistiche, anche di qualità molto discontinua. Forse c’è un eccesso di proposta rispetto alla strutturazione che abbiamo per dare loro spazio. Abbiamo pochi contenitori culturali e ormai sempre pieni. Una delle cose a cui ho dovuto lavorare di più è la ricerca faticosissima di nuovi spazi: con scarsi risultati. Ne abbiamo individuato solo uno, in centro storico. Spero di poterlo annunciare come regalo della Befana".
Di che cosa si tratterà?
"Di uno spazio polivalente che possa essere messo a disposizione di tantissime realtà che dal basso hanno voglia di portare le loro esperienze sperimentali".
Una soluzione non potrebbe essere quella di fare meno eventi, ma con più qualità?
"Non si può. Tutti i produttori sono collegati alla quantità di prodotti allestiti per ottenere i finanziamenti statali. E siccome il budget è limitato, si è costretti a fare molte iniziative con lo stesso denaro. Ovviamente ci sarebbe piaciuto sfrondare un po’ i programmi per investire in maggiore significanza. Ma è un meccanismo che premia chi più fa. È una strozzatura che ci penalizza, nella sovrapproduzione di offerte e si fa fatica a organizzare calendari leggibili ai cittadini".
Poi ci sono le eccellenze.
"Sì, abbiamo eccellenze assolute come Aterballetto, che ha una funzione apicale nel sistema danza nazionale. L’emergenza principale per noi è proprio quella di mantenere il livello di prestazioni e servizi delle maggiori istituzioni culturali, biblioteca e Musei, a fronte di un taglio drammatico di fondi: oltre un milione di euro in meno da parte del ministero".
Un bilancio di questi suoi primi mesi?
"Ci stiamo muovendo in una situazione che non mi aspettavo quando sono diventato assessore: la programmazione culturale della città era già stata completata fino al 2025, compresi gli impegni di spesa. Quindi ci siamo dovuti limitare a ridefinire gli impegni già presi, con una nostra direzione. A partire da maggio, ad esempio, partirà una serie di iniziative trasversali agli assessorati, di carattere fortemente internazionale, che serviranno anche a rianimare il centro".
Qual è la sua visione di città? Appena insediato disse che avrebbe voluto ispirarsi alla Glasgow primi anni Duemila. È ancora così?
"Vorrei ripensare la città in un confronto con ciò che accade in Italia e all’estero. L’intenzione è sempre quella di affrontare il vero problema: lavorare oggi perché tra 20 anni Reggio abbia le competenze e il capitale culturale, strutturale, organizzativo che ci permetta almeno di essere al 28° posto di queste classifiche. Il mondo sta cambiando, siamo entrati in una transizione epocale. Dobbiamo immaginare il nostro futuro in uno scenario del tutto inedito: lo fece anche Glasgow alla fine dell’era Tatcheriana e ha realizzato cose che l’hanno resa mitica per almeno 15 anni. Siamo costretti a provarci anche noi".
Ci sono anche tratti distintivi e identitari della nostra storia che sono forse poco valorizzati. Penso al Museo del Tricolore.
"Ecco, su questo spero che il 7 gennaio la città possa rendersi conto di quello che abbiamo iniziato a fare per dare più forza al Museo in termini di riconoscibilità. Ci diamo appuntamento, magari su Radio2".
Negli ultimi anni la proposta culturale della città si è concentrata particolarmente su Fotografia Europea. La kermesse continuerà a esistere così come la conosciamo?
"Continuerà a esistere, ma con nuovi format che si affiancheranno al festival. Introdurremo nei prossimi mesi innovazioni a vari livelli che riguarderanno tutti i patrimoni di fotografia che questa città ha: Giovane Fotografia Italiana, archivi fotografici della Panizzi, Ghirri. Saranno coinvolti in un unico processo che permetta a Reggio di non essere caratterizzata solo per Fotografia Europea".
Ha un sogno da realizzare come assessore?
"Una visione: vorrei che si dicesse ’In questi anni da Reggio Emilia è passato tutto il mondo’. E poi un sogno vero: aiutare a valorizzare il museo della psichiatria, che è in condizioni che mi dispiacciono tantissimo. Mi sta molto a cuore. Mi sono già preso l’impegno di non dimenticarmi mai di questo sogno".