Carpi (Modena), 11 marzo 2021 - Si indignano i politici, ma questa non è una notizia e neanche una garanzia. Si muovono i presidenti del Coni, Giovanni Malagò, e della Federazione Italiana del volley, Giuseppe Manfredi: e questo invece fa pensare che possa arrivare più facilmente ad un lieto fine almeno giudiziario la vicenda di Lara Lugli, la pallavolista carpigiana alla quale la sua ex società ha chiesto i danni in sede civile perché dopo essere rimasta incinta e aver lasciato il Pordenone, senza di lei la squadra ha avuto un crollo di rendimento.
Lara quel bambino non l’ha mai visto nascere, perché meno di un mese dopo aver rescisso il contratto, nel marzo del 2019, ha avuto un aborto spontaneo. Nei giorni scorsi ha reso noto il suo caso, umano e legale. Sul documento dell’Asd Volley Pordenone, tra l’altro firmato da un avvocatessa, si esprimerà un giudice. Sempre che l’ondata di indignazione collettiva non convinca la legale del club a ritirare la richiesta di...compensazione con l’ultimo stipendio di cui la Lugli chiedeva il pagamento.
Sul piano umano invece ieri la pallavolista modenese ha ricevuto una telefonata diretta, tra le tante, e un messaggio a distanza. La chiamata era del presidente del Coni Giovanni Malagò, che ha letto la notizia e ieri mattina ha subito contattato la quarantunenne atleta modenese (che gioca ancora in serie C vicino casa, a Soliera). Le ha chiesto informazioni sulla vicenda, le ha manifestato la sua solidarietà e l’ha invitata a Roma nella sede del Coni, non appena le condizioni e i vincoli agli spostamenti lo consentiranno.
Sul tema si è espresso anche il neoeletto presidente della Fipav, Giuseppe Manfredi. Il suo primo pensiero da numero uno del volley italiano è stato dedicato alla Lugli: Manfredi ha promesso che oggi chiamerà "sia la giocatrice che la società, per conoscere bene i termini della vicenda. Faremo di tutto perché la questione si risolva in maniera bonaria. Dobbiamo lavorare tutti perché la maternità sia tutelata, e se la società ha sbagliato chiederò che la cosa sia risolta. Allo stesso tempo invito tutti gli atleti a leggere bene i contratti che firmano. Perché le leggi vanno bene, ma devono essere applicabili".
Lei, Lara, forse non pensava che il suo caso arrivasse a smuovere ruoli istituzionali così alti. Ma a questo punto è ancora più decisa ad andare fino in fondo: "Non è la prima volta che devo fare causa per avere quello che mi spetta, ma ho lavorato, voglio quello che è giusto. Le società si inventano le ragioni più assurde, per non tirar fuori i soldi, ma così mai", racconta.
Sicuramente ora si sente meno sola: "Mi hanno telefonato e scritto tante giocatrici, hanno detto che ho fatto bene a denunciare la cosa. I contratti per le donne sono discriminanti: quando firmi c’è una clausola che dice che se rimani incinta, non puoi pretendere che ti venga riconosciuto tutto. Ma fino a quel momento mi deve essere riconosciuto il mio impegno e la mia professionalità".