di Antonio Lecci
Il 2022 viene ricordato come un anno di siccità da record. Più volte – a differenza di questa estate che ha avuto, a tratti, anche abbondanti precipitazioni – già dall’inizio della primavera dello scorso anno erano emersi gravi problemi per l’agricoltura e le difficoltà di avere risorsa per l’irrigazione.
Molti ricorderanno l’enorme opera di scavo di sabbia per garantire l’accesso dell’acqua del Po all’impianto di bonifica di Boretto. La magra idrologica del 2022 del fiume Po è considerata la "peggiore degli ultimi due secoli". Lo dimostra una ricerca condotta da studiosi dell’Università di Bologna e dell’Università Cà Foscari di Venezia, con ricercatori della Columbia University (Usa), Singapore University of Technology and Design e Alfred Wegener Institute (Germania). Prendendo in considerazione la serie storica di dati sulla portata fluviale del Po a partire dal 1807, lo studio ha mostrato che quella del 2022 è stata la secca più gravosa di sempre, con una portata inferiore del 30% rispetto al secondo peggior periodo di magra registrato.
"Il nostro studio – spiega Alberto Montanari, docente al Dipartimento di Ingegneria civile, chimica, ambientale e dei materiali dell’Università di Bologna e primo autore dello studio – dimostra che l’entità della magra idrologica del 2022 non ha precedenti negli ultimi due secoli e che questo evento fa parte di una tendenza a lungo termine, caratterizzata da un aumento della frequenza e dell’intensità dei periodi di siccità".
E aggiunge: "I fattori chiave per spiegare il fenomeno sono i cambiamenti nella stagionalità dei flussi fluviali, probabilmente causati da minori quantità di precipitazioni nevose, da un più precoce scioglimento delle nevi, da un aumento dell’evaporazione e dall’incremento dei prelievi d’acqua in estate".
Nei primi sette mesi del 2022 l’Italia settentrionale ha subito una straordinaria scarsità di precipitazioni che ha portato a un prolungato periodo di siccità. Di conseguenza, la portata del Po si è ridotta fino a raggiungere livelli critici.
"L’aumento tendenziale delle temperature – aggiunge il prof Davide Zanchettin dell’Università veneziana, tra gli autori della ricerca – ha contribuito a modificare il regime del Po: se fa caldo, in inverno piove piuttosto che nevica, e la poca neve si scioglie prima. Così aumentano le portate del fiume in inverno e diminuiscono in estate, quando le alte temperature favoriscono anche una forte evaporazione". C’è poi un altro elemento critico individuato dagli studiosi: l’irrigazione. Il forte aumento delle aree coltivate avvenuto nel Novecento ha portato a un massiccio prelievo di acqua dal Po per usi agricoli. L’aumentare dell’intensità e della frequenza dei periodi di siccità porta a una maggiore necessità di acqua per l’irrigazione, che a sua volta contribuisce ad abbassare ulteriormente i livelli del fiume.
Secondo gli autori della ricerca, risulta difficile prevedere quando una situazione come quella del 2022 potrebbe ripetersi: "Le proiezioni climatiche indicano comunque un progressivo aumento della severità e della frequenza dei periodi di siccità meteorologica nell’area mediterranea. Anche se potrebbero passare anni, o perfino decenni, prima che una magra come quella del 2022 si ripresenti, è tuttavia urgente premunirsi e ridefinire la gestione della risorsa acqua già adesso".
Gli studiosi che hanno lavorato alla ricerca sulla crisi idrica del fiume Po nello scorso anno sottolineano come sia urgente cercare soluzioni di adattamento al cambiamento climatico per mitigare i rischi ambientali e sociali del fenomeno, in modo da poter garantire per il futuro la sostenibilità degli ecosistemi e delle risorse idriche.
Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica "Science Advances" con il titolo "Why the 2022 Po River drought is the worst in the past two centuries".
Il gruppo di ricerca è composto da Alberto Montanari e Serena Ceola (Università di Bologna), Davide Zanchettin e Angelo Rubino (Università Ca’ Foscari Venezia), Hung Nguyen (Columbia University, Usa), Sara Rubinetti (Alfred Wegener Institute, Germania) e Stefano Galelli (Singapore University of Technology and Design).