ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

La rabbia del Comitato: "Le responsabilità erano chiare. E il disastro si è ripetuto ancora"

L’avvocato Badodi aveva chiesto la condanna e il risarcimento in solido con Aipo. Indice puntato contro l’allora commissario Di Matteo: "In aula ha testimoniato il falso".

La rabbia del Comitato: "Le responsabilità erano chiare. E il disastro si è ripetuto ancora"

L’avvocato Badodi aveva chiesto la condanna e il risarcimento in solido con Aipo. Indice puntato contro l’allora commissario Di Matteo: "In aula ha testimoniato il falso".

"I cittadini di Lentigione che furono sconvolti dalla piena hanno aiutato in questi giorni i residenti di Cadelbosco alluvionati a causa di rotture arginali, portando loro braccia, stivali e vanghe. Sette anni dopo i problemi sono gli stessi: il disastro di Lentigione non è servito a nulla". Ha esordito così, l’avvocato Domizia Badodi in rappresentanza del Comitato degli alluvionati di Lentigione e di 165 sui 180 cittadini costituiti parte civile: "C’è chi ha vissuto una guerra".

Davanti al giudice Giovanni Ghini, ha preso le distanze dalla Procura sostenendo che "c’è la responsabilità degli imputati a livello tecnico, normativo, di ruoli e informativo che avrebbe imposto una condotta molto difforme". Per Badodi è invece lo studio dell’ingegner Paolo Bizzarri, "a essere il più corretto, con o senza corda molle": "Lui ebbe a disposizione i dati che Marco Mancini e Mignosa (gli altri consulenti del pm, ndr) non avevano e anche documenti da terzi: in condizioni ottimali delle casse, non ci sarebbe stato sormonto, mancarono doverosa manutenzione e vigilanza".

Ha anche citato testimonianze secondo cui "la piena fu significativa, ma non eccezionale". Quando e se mettere i sacchetti di sabbia? Ha citato l’ingegnere Leonardo Schippa, consulente tecnico nominato dalla difesa di Aipo: "Ha detto che se gli interventi sono messi in atto prima le piene si contengono". E nomina anche l’imputata Mirella Vergnani che dichiarò: "Se ci fosse stata necessità avremmo trovato i sacchetti".

Badodi, puntualizzato che "i soggetti portati a giudizio sono quelli corretti", ha però chiesto la trasmissione degli atti in Procura per falsa testimonianza a carico di Giacomo Di Matteo, allora commissario straordinario insediato in municipio a Brescello: "Mi riferisco all’informazione che Di Matteo avrebbe ricevuto da Volmer Bonini, coordinatore dei volontari della Protezione civile, presente al Ccs delle 23 in prefettura a Reggio; e all’esistenza di un franco arginale adeguato per consentire il deflusso della piena. Un dato affermato da Di Matteo - sottolinea Badodi - ma Bonini ha smentito sia che del franco arginale si fosse discusso al Ccs, sia di aver riferito tale circostanza a Di Matteo, sia che al Cc fosse emerso un valore del franco di 80 centimetri come detto da Di Matteo".

Poi "è smentita la dichiarata inesistenza nel piano comunale di Protezione civile di una specifica precisione di rischio esondativo sull’Enza: l’ha depositata l’avvocato di parte civile del Comune". Ha poi detto che Aipo "non ha agito sugli argini al fianco dei volontari come avrebbe dovuto fare. Luca Zilli ha confessato che non era presente sull’argine ma fu avvertito al telefono da Mirella Vergnani, nonostante ciò che ordinò il prefetto".

Sulla corda molle, "era nota. Vergnani disse che non aveva elementi per dire che a Lentigione ci fossero criticità, ma qui di corde molli ce ne sono infinite".

Ha elogiato il sindaco di Sorbolo (Pr) Nicola Cesari: "Sembra che lui e gli imputati abbiano vissuto notti diverse. Lui allertò il volontariato, fece la scelta coraggiosa di non insacchettare il ponte di Sorbolo dalla sua parte e diede ordine di evacuare".

Badodi ha chiesto per i cittadini un risarcimento milionario. Presenti anche gli avvocati di parte civile Gianluca Tirelli, Cecilia Turazza e Alessandro Nizzoli. L’avvocato Salvatore Tesoriero ha chiesto per il Comune di Brescello parte civile 7 milioni, di cui 3,2 milioni di provissionale legati a danni certi. E ha domandato al giudice di commissionare una perizia tecnica sulla corda molla, se dovesse essere rilevata e soggetta a monitoraggio. Oltre alla condanna degli imputati e al risarcimento in solido con Aipo.

Infine le discussioni dei difensori. L’avvocato Vittorio Melandri per il responsabile civile Aipo ha attribuito alcune responsabilità alla Regione: "Aipo non ha funzioni di programmazione delle opere idrauliche, ma la Regione. L’Autorità di bacino diede indirizzi programmatici non seguiti dalla Regione". E poi: "Aipo non ha competenze sulla gestione dei sedimenti, mentre sulla vegetazione gli interventi non sono estemporanei ma richiedono programmazione della Regione che non c’è stata". Hanno chiesto l’assoluzione "perché il fatto non sussiste" gli avvocati Giulio Garuti per Massimo Valente, Amerigo Ghirardi per Luca Zilli e Paolo Trombetti per Mirella Vergnani, sostenendo tra le altre cose che se anche le casse fossero state in còndizioni perfette l’esondazione non sarebbe stata evitabile.