Nelle parole di Samuele Teneggi di Castelnovo Monti, alla prima prova da protagonista nel film ‘La storia del Frank e della Nina’ di Paola Randi – presentato nella sezione Orizzonti Extra della Mostra del Cinema – c’è tutta la giovinezza dei suoi 23 anni, unita all’entusiasmo per un lavoro che lo ha già portato a recitare per Marco Bellocchio, in ‘Rapito’, aprendogli la strada verso nuovi e promettenti ruoli. Come quello di Frank, che il pubblico potrà vedere in sala il 19 settembre, dopo gli apprezzamenti della critica qui al Lido. Prodotto da Fandango e Rai Cinema, ‘La storia del Frank e della Nina’ è un racconto di formazione per sognatori, con voce narrante (si fa per dire) un ragazzo di nome Gollum, che emette suoni disarticolati e gorgoglianti per cui tutti lo evitano. Tranne il Frank e la Nina. Di Frank non si sa niente. Vende i compiti fuori dalle scuole e passa le sue giornate in Università, senza essere iscritto però, dato che non ha finito nemmeno il liceo. Frank e la Nina s’incontrano, lui s’innamora e lei lo ingaggia affinché la prepari all’esame di terza media. Con una bambina e un marito violento, Nina deve studiare di nascosto. La faccenda è pericolosa ma al contempo le lezioni rubate sono un’avventura, le fabbriche abbandonate si trasformano in magnifiche cattedrali, Milano li nasconde, la regista ne ribalta la consueta prospettiva e loro diventano il combo. Una famiglia.
Samuele, com’è stato scritturato per il film?
"Ho mandato un self tape a marzo 2023, le indicazioni registiche erano poche. Sapevo soltanto che dovevo recitare la prima lezione d’inglese tra Frank e Nina. Fonte d’ispirazione, una lezione di Dua Lipa, che però non aveva concesso la liberatoria a Paola, la regista. Solo dopo ha accettato".
E che è successo, poi?
"Paola ci aveva scelto subito, ma ce l’ha comunicato dal vivo soltanto dopo, con grande sorpresa di noi tutti".
Che tipo è il suo personaggio?
"Il Frank, con l’articolo perché è milanese, ha un passato difficile. Problemi mentali, l’incontro con la psichiatria, e lui, volendo scappare da questa realtà decide di rimodellare il suo mondo, in modo da non provare più dolore. Un genio fulminato".
Che esperienza è stata?
"Positiva. Sono grato a Paola per essersi presa cura di ognuno di noi. A livello artistico sono contento perché è un tipo di storia che rientra nei miei gusti cinematografici".
Qual è la sua formazione?
"Ho studiato recitazione a Castelnovo Monti, alla scuola Arcobaleno, seguendo i corsi di Francesca Bianchi. Con mio stupore, sono stato preso all’Accademia nazionale d’Arte drammatica Silvio D’Amico, poi è arrivata la parte in ‘Rapito’ per Bellocchio. Sono un professionista, ma vedere i film mi stimola a notare che cosa potrei fare sempre meglio, quindi in questo senso mi reputo un dilettante".
Com’è stato il rapporto con Paola Randi?
"Paola è una sognatrice spettinata. Porta un senso di rassegnazione serena che tranquillizza tutti sul set. Il suo è un lavoro difficilissimo, incolla le parti e tiene insieme tutto, restituendo a ognuno il suo significato sullo schermo".
Cosa l’ha fatta innamorare del cinema?
"La finzione. I retroscena delle cose. Il Samuele piccolo smontava tutti gli oggetti e li aggiustava, in caso di rotture. Smontavo orologi, sveglie, persino mobili, e la mamma non gradiva molto".
Che c’entra il cinema con questo?
"Amavo vedere una storia raccontata e poi digitare su Google i nomi di regista e attori per capire che cosa li muovesse. Li avesse portati là. Amo il fatto che attrici e attori possano raccontare così credibilmente una storia, coinvolgendomi con emozioni forti … ne amo il carattere di tripudio della finzione, la forza del racconto".
Autori preferiti?
"I due Anderson, Wes e Paul Thomas. Il primo, ossessivo compulsivo, disegnatore di mondi fiabeschi, e l’altro un suo opposto. Aggiungo Yorgos Lanthimos e un film che ho studiato e adorato, ‘Les Amants Du Pont Neuf’ di Leos Carax".
Che cosa le ha lasciato Frank?
"Il coraggio. Il coraggio di non avere coraggio, cioè di rimanere inermi e positivi anche davanti alla violenza. In fondo la realtà è soltanto un punto di vista, diceva Jerzy Kosinski. Quindi, perché non viverla con fantasia? La fantasia è il posto dove ci piove dentro, come diceva Calvino citando Dante".