REDAZIONE REGGIO EMILIA

La messa in latino: "Ci siamo avvicinate al gruppo di preghiera durante la pandemia"

Il nostro reportage: tanti fedeli alla celebrazione ’illecita’ secondo il diritto canonico: "Non capiamo questo accanimento".

"Benedìcat vos omnìpotens Deus, Pater et Fìlius et Spìritus sanctus". Un’altra messa è finita e i fedeli vanno in pace. Sulla collina reggiana di Casalgrande Alto, è una domenica come tante. La comunità di Sant’Isidoro ha aperto i suoi cancelli, c’è chi esce e chi entra; la messa delle 11 infatti è l’ultima delle tre domenicali. E nonostante la diocesi reggiana stia cercando di mettere la parola ‘fine’, una volta per tutte, alle celebrazioni non autorizzate e segnalate alla curia dai cittadini stessi già due anni fa – pena l’impossibilità per don Claudio Crescimanno e Andrea Maccabiani di esercitare a pieno la loro attività di sacerdoti – la comunità non si ferma, continuando a destare curiosità tra i credenti.

"Siamo qui per la messa" affermano due uomini; è la loro prima volta alla Cittadella della Divina Misericordia. Un luogo che, al di là della recinzione, è ben curato; dove ci sono le altalene, le porte da calcio, le panchine, gli animali e i bambini possono giocare nella tranquillità collinare. In mezzo al verde e a qualche arbusto, c’è una tettoia in legno, che può accogliere circa una quarantina di persone. Qui i fedeli sono seduti al proprio banco.

In prima fila compare una coppia giovane, tra i due c’è il figlio, come loro tanti altri; ma sono presenti anche famiglie con i figli adolescenti, coniugi e anziani accompagnati dai nipoti.

Con la cappella piena, alle undici in punto si inizia. È don Andrea Maccabiani a celebrare la funzione questa domenica, è circondato da sei giovani chierichetti. Si canta e si recita in latino, ci si inchina più volte a Dio; le letture invece sono in italiano e vengono spiegate ai fedeli con attenzione, si segue lo schema del rito preconciliare.

Sebbene dal punto di vista canonico la celebrazione, come gli altri sacramenti, sia considerata valida ma illecita, questo ai devoti sembra non interessare; tanto che l’eucaristia è partecipata e sentita. Poi, la funzione giunge a conclusione e don Maccabiani benedice i fedeli, che poco alla volta si riuniscono nel verde antistante la cappella, per salutarsi prima di andare via. Tra i partecipanti c’è Gianluca con la moglie e i figli, arrivano da Reggio Emilia: "Siamo cresciuti nella chiesa post conciliare – ammette –, ma due anni fa abbiamo iniziato a cercare qualcosa di diverso, perché nella chiesa stavano cambiando le cose e questo non ci piaceva. Durante la pandemia abbiamo assistito a una messa della Fraternità Sacerdotale San Pio X a Budrio di Correggio e sono rimasto folgorato, tanto da piangere. Poi, abbiamo conosciuto la Cittadella, che ha accolto i nostri ragazzi nella scuola parentale, dove seguono i veri ritmi della vita cristiana. Tornare indietro? No, farei fatica. È in questa comunità che si riscopre la sacralità, dove l’orientamento è diretto al cielo e non ad altro".

Del braccio di ferro tra don Crescimanno e la diocesi, due mamme si dicono dispiaciute perché "la tradizione è un tesoro che può arricchire tutta la chiesa", non comprendendo "l’accanimento contro chi chiede solo di essere cristiano". "Ci siamo avvicinate alla Cittadella – spiegano – durante la pandemia, poiché era l’unico luogo aperto per celebrare il Signore. Inizialmente frequentavamo sia la parrocchia che la comunità, fino a quando non abbiamo colto le evidenti differenze: qui si parla di Gesù, lì il tema ruota attorno all’attualità, talvolta ricadendo nella politica. Venite e capirete".

Ylenia Rocco