di Alessandra Codeluppi
A un mese esatto dal suo arrivo nel penitenziario della Pulce - dov’è detenuto in custodia cautelare - Ikram Ijaz (nella foto) ha chiesto, tramite i suoi legali, di essere scarcerato. Il ricorso presentato dal cugino di Saman Abbas - uno dei cinque indagati per omicidio e occultamento di cadavere della 18enne - è stato discusso al tribunale del Riesame, dove le parti ieri si sono date battaglia per l’intera mattina.
Dopo una relazione introduttiva, fatta dal giudice Andrea Santucci - presidente del collegio - la parola è passata agli avvocati difensori del 28enne, Domenico Noris Bucchi e Luigi Scarcella: discutendo per un’ora a testa, i due legali hanno chiesto l’accoglimento del loro ricorso, nel quale chiedono che Ijaz sia scarcerato.
"Abbiamo impugnato l’ordinanza di custodia cautelare per difetto di gravità indiziaria", spiega Bucchi. Il 28enne, insieme all’altro cugino Nomanulhaq Nomanulhaq e allo zio Danish Hasnain, era stato inquadrato dalle telecamere dell’azienda agricola di Novellara il 29 aprile, un giorno prima della scomparsa di Saman: i tre, che si muovevano sul retro del podere con pale e un piede di porco, secondo la Procura sarebbero andati a scavare la fossa dove seppellire la giovane. Contro Ijaz anche la testimonianza del 16enne fratello di Saman: aveva detto di aver visto, qualche giorno prima dei fatti, i tre parenti aggirarsi con gli attrezzi e di essere stato respinto dallo zio quando si era offerto di aiutarli. E aveva aggiunto che la sera dopo, il 30 aprile, i due cugini erano andati a casa sua per dare man forte allo zio Hasnain, quando quest’ultimo fu chiamato dal padre Shabbar Abbas poiché Saman voleva scappare.
La difesa si è anche soffermata anche su un altro aspetto: "A nostro parere il quadro indiziario è mutato rispetto al momento in cui è stata emessa l’ordinanza di custodia cautelare". Secondo i legali, apparirebbe a oggi meno grave: una considerazione che, probabilmente, nasce dalla versione dei fatti data da Ijaz durante l’interrogatorio da lui stesso chiesto al pm Laura Galli e che si era svolto in carcere. Rispondendo per nove ore, Ijaz aveva ribadito quanto da lui sostenuto durante l’interrogatorio di garanzia davanti al gip, cioè la sua completa estraneità ai fatti. Ma ha anche precisato meglio la propria posizione, ripetendo più volte di essersi allontanato dall’Italia "per paura". Non ha invece dato indicazioni in grado di indirizzare su dove possa essere Saman.
L’aspetto del pericolo di fuga, paventato dal gip Luca Ramponi, non è stato valorizzato tra i motivi del ricorso della difesa, incentrato invece sulla mancanza di gravi indizi: è probabile che i legali abbiano sostenuto che il solo video e il racconto dell’unico teste-chiave della Procura, non siano sufficienti per sostenere l’accusa.
Ijaz era stato fermato dalla polizia francese il 21 maggio, mentre si trovava su un autobus di linea partito da Parigi e diretto a Barcellona, ed era stato trattenuto in un centro di identificazione perché sprovvisto di documenti. Qui era stato arrestato il 30 maggio, dopo il mandato di arresto europeo emesso nei suoi confronti, e poi estradato. A oggi è l’unico dei cinque indagati finito in manette: gli altri sono latitanti. Davanti al Riesame, il pm Laura Galli, si è opposta alle tesi difensive: a sua volta si è dilungata un’ora per spiegare perché il ricorso di Ijaz andrebbe rigettato e chiedere che resti in carcere. Il tribunale si è riservato la decisione, prevista nei prossimi giorni.