di Alessandra Codeluppi
Si è tatuato il nome della sorella, Saman Abbas. "In passato la criticava, ma ora lui ha assunto l’identità della ragazza morta: un modo per superare la sofferenza verso il defunto". Il fratello della 18enne pakistana trovata sepolta a Novellara, costituito parte civile, sarà ascoltato in tribunale venerdì prossimo, durante il processo per la morte della ragazza, che vede i genitori, lo zio e due cugini imputati. Ieri la psicologa Rita Rossi - incaricata dall’avvocato Valeria Miari, di parte civile, di redigere una valutazione sul ragazzo, ora maggiorenne - ne ha descritto l’evoluzione e i contrasti, in questi due anni sconvolgenti. Descrive tratti di fragilità: "Non ha ritardi mentali ma il quoziente intellettivo è basso" e "può commettere involontariamente errori nella ricostruzione dei tempi". Ma ne ribadisce la credibilità: "Lo ritengo un teste particolarmente affidabile". E si sofferma sul percorso che lo ha portato a identificarsi in lei: "Il ragazzo dice che vuole seguire un percorso scolastico come intendeva fare Saman. Sostiene che lei era una ribelle, mentre lui era passivo. Si sente in colpa: dice che avrebbe dovuto fare qualcosa per evitare ciò che è accaduto". Racconta di aver toccato la sofferenza del giovane, affetto da depressione e disturbo post traumatico da stress. "Non l’ho visto solo piangere, ma anche tremare quando parlava di quella sera: stessa reazione che ebbe nell’incidente probatorio". Poiché "lui non controlla affatto le emozioni", il contesto in cui sarà riascoltato, suggerisce la psicologa, "dovrà essere il più protettivo possibile, per evitare ricadute sulla sua lucidità mentale".
L’avvocato Miari ha poi chiesto che si faccia un’audizione protetta con domande fatte dal giudice. La Corte d’Assise, presieduta da Cristina Beretti, si è riservata di decidere. La psicologa ha riferito che il fratello di Saman abbracciava in parte il pensiero della famiglia: "Il ragazzo dice che i genitori avrebbero organizzato pure per lui un matrimonio, che non era d’accordo ma non l’avrebbe mai detto per paura, mentre Saman era diversa, si era ribellata al padre e allo zio. Per lui il fatto che una ragazza scappasse di casa per era un disonore, ma quando lo psicologo gli chiese cosa avrebbe fatto se fosse stata sua figlia a fuggire, ha risposto che non l’avrebbe uccisa". È emerso anche un aspetto di dolore del passato più remoto: "Quando lui era in Pakistan con la madre, e il padre era già arrivato in Italia, bussavano per chiedere cibo. Là lui frequentava poco la scuola e veniva bastonato per la sua condotta non puntuale". Sui quattro colloqui avvenuti da marzo a giugno tra Rossi e il ragazzo, l’avvocato Luigi Scarcella (difesa di Nomanulhaq Nomanulhaq) ha contestato che non siano stati registrati anche con mezzi video, mentre la psicologa ha risposto che non c’è obbligo perché lui è maggiorenne. Rossi ha anche detto che lui "può essere manipolatorio", nel senso che "sostiene di non essere capito, di essere unico e per questo chiede trattamenti di favore".