di Daniele Petrone
"Non abbiamo visto le femministe andare a protestare davanti al luogo dove lavora adesso l’assassino della nostra Jessica...". Nel dibattito sul caso di Manolo Portanova – il neo calciatore della Reggiana condannato a sei anni, in primo grado, in abbreviato, per violenza sessuale di gruppo – interviene anche la famiglia di Jessica Filianti, uccisa a soli 17 anni, nel marzo del 1996, a coltellate dall’ex fidanzato; uno dei femminicidi più efferati nella storia della città e che più rimasto impresso brutalmente nella memoria collettiva.
La mamma di Jessica, Giuliana Reggio, è da tempo un fortissimo simbolo anti-violenza del nostro territorio e non solo. E oggi vuole dire la sua
sulle polemiche di queste settimane. Non è una vera e propria difesa all’atleta, ma con grande intelligenza fa un discorso non banale. Dal garantismo alla giustizia che spesso utilizza due pesi e due misure. "Sono sempre dalla parte delle donne e contro ogni tipo di crimine, lo sanno tutti – attacca Giuliana – Non conosco bene i fatti che accusano Portanova e non sono un giudice. Al terzo grado si capirà se è colpevole. Io dico solo questo: a me hanno tolto una figlia in malo modo, con 43 coltellate a soli 17 anni. L’assassino è finito in carcere subito, poi gli è stato inflitto l’ergastolo e alla fine è uscito. Si è laureato nel penitenziario, ha trovato un lavoro, si è reintegrato nella società e ha pure una figlia. A lui hanno dato la possibilità di rifarsi una vita...". Una premessa che Giuliana tiene a fare per poi entrare nel merito della questione: "È giusto che Portanova continui a lavorare. Anche perché in questo modo può guadagnare denaro che potrebbe essere utile qualora dovesse essere riconosciuto colpevole, al fine di risarcire la vittima. A noi hanno tolto una figlia e non ci è stato dato neppure un euro di risarcimento...".
Il figlio Fabiano, 46 anni, fratello di Jessica (quando venne uccisa ne aveva solo 19 anni), è molto più tranchant. "Per me combattere la violenza è tutti i giorni, non solo a parole e non solo quando fa comodo...", dice Fabiano Filianti che lavora anche nello stesso mondo del calcio (ha allenato anche la primavera del Sassuolo femminile) e che oggi gestisce il bar ’Il Nuovo Reggianello’, in via Emilia Santo Stefano, "l’unico locale della città con una targa col 1522, il numero telefonico antiviolenza".
Un riferimento chiaro e preciso alle associazioni femministe – Non Una di Meno e Nondasola – che stanno battagliando contro il fatto che a Portanova venga concesso di continuare a giocare a calcio; prima con una manifestazione in piazza Prampolini con cartellini rossi simbolici e fischietti in bocca, poi col blitz pochi giorni fa ai campi d’allenamento della Reggiana in via Agosti. "Violentare una donna è un atto ripugnante. Ma se lo Stato italiano ha dato la possibilità di essere reintegrato nella società ad una persona che ha volontariamente ucciso mia sorella, perché non farlo con Portanova? O reintegriamo tutti i colpevoli, cercando di essere superiori a loro oppure che dovremmo fare, buttarli tutti in un cassonetto dell’immondizia? Tutti devono essere puniti nella stessa maniera. La violenza non si combatte con altra violenza, ma col cervello! Le femministe dovrebbero fare prevenzione tutti i giorni oppure siano coerenti e vadano anche davanti al luogo dove lavora chi ha ammazzato mia sorella. È troppo facile cavalcare l’onda mediatica per farsi pubblicità quando scoppia un caso come quello del calciatore...".
Fabiano conclude: "Portanova è giusto che continui a lavorare. Poi se il tribunale lo dichiarerà colpevole è giusto che paghi fino all’ultimo giorno di condanna. Ma quantomeno avrà i soldi necessari per risarcire la povera ragazza...".