Investito e ucciso in bici: il processo al conducente è da rifare

Nel 2021 la morte di Uddin. Ora il collegio dei giudici ha accolto la richiesta di rinnovare l’istruttoria dibattimentale avanzata dalla difesa

Investito e ucciso in bici: il processo al conducente è da rifare

Investito e ucciso in bici: il processo al conducente è da rifare

Si rifarà il processo. È la decisione assunta venerdì mattina dal tribunale collegiale sul caso della morte del 45enne Abbas Uddin, avvenuta a Campegine. Lui, bengalese, nella sera del 13 febbraio 2021 stava percorrendo via Marconi in bici, quando finì sbalzato nel canale a faccia in giù, a seguito dell’impatto con la macchina guidata dal 39enne Nicola Ferrante. Facciamo un passo indietro. Vi è stato un primo processo con rito ordinario: dopo la discussione tenuta il 23 aprile - culminata nella richiesta di 5 anni di condanna da parte del pm e di assoluzione invocata dalla difesa - il 24 maggio era attesa la sentenza. Ma, uscendo dalla camera di consiglio, il giudice monocratico ha stabilito che non poteva emettere il verdetto: ha infatti detto che il processo che era stato celebrato davanti a lui doveva passare al tribunale collegiale. Nell’ordinanza letta in aula, il giudice aveva spiegato il motivo rifacendosi al capo di imputazione. Nell’accusa formulata a Ferrante di omicidio stradale (articolo 589 bis del codice penale), vi è il riferimento a un altro reato a lui contestato, cioè non essersi fermato in caso di danni alle persone (articolo 189 comma 6, del codice della strada): "Risulta all’evidenza contestata di fatto l’aggravante di cui all’articolo 589 ter", cioè fuga del conducente in caso di omicidio stradale. Citando la giurisprudenza della Cassazione, il giudice aveva riferito che "in presenza di una contestazione per articolo 189 comma 6, del codice della strada, e al contempo dell’aggravante dell’articolo 589 ter del codice penale", si ritiene il primo reato "assorbito nell’ipotesi di reato complesso degli articoli 589 bis e 589 ter del codice penale". La sussistenza dell’aggravante dell’articolo 589 ter del codice penale determina un aumento di pena che va da un terzo a due terzi. Considerando "i minimi e i massimi edittali previsti dall’articolo 589 bis del codice penale", cioè omicidio stradale, e aumentandoli di due terzi per l’aggravante dell’articolo 589 ter (la fuga), si ottiene una pena massima in astratto superiore ai dieci anni, motivo per cui il giudice aveva ritenuto di non poter pronunciare la sentenza e ha trasmesso la competenza al tribunale collegiale. Venerdì il collegio dei giudici presieduto da Cristina Beretti, a latere Silvia Semprini e Luigi Tirone, ha accolto la richiesta di rinnovare l’istruttoria dibattimentale che era stata avanzata dalla difesa. I carabinieri arrivarono a Ferrante quaranta giorni dopo la morte di Uddin, partendo da frammenti di carrozzeria rimasti sulla strada. L’avvocato difensore Nino Giordano Ruffini, che assiste Ferrante, ha sostenuto che Uddin non fosse visibile, che si era fermato ma era buio e non aveva visto il cadavere, pensando di aver investito un animale. L’avvocato Domenico Intagliata, che tutela i famigliari della vittima, costituiti parte civile, residenti in Bangladesh, sostiene che Uddin fosse visibile: i parenti avevano chiesto un risarcimento di oltre un milione. Poiché la macchina di Ferrante non era assicurata, il responsabile civile è UnipolSai, per il fondo vittime della strada. Alessandra Codeluppi