Reggio Emilia, 25 giugno 2019 - "Un regalo di Natale da 15mila euro per aggiustare la causa". C’è anche questo nelle carte dell’inchiesta che sta facendo tremare il Municipio di piazza Prampolini con le ipotesi di reato – a vario titolo – di corruzione, falso ideologico, rivelazione di segreti d’ufficio, abuso d’ufficio e turbativa d’asta in relazione a presunti appalti pilotati. Un vero e proprio 'sistema', rodato, dicono i pm della procura reggiana; protagonisti politici, funzionari pubblici infedeli, imprenditori amici e generosi pronti a elargire regalie. Questo emerge nell’indagine che ha travolto la macchina comunale poche ore dopo l’esito del ballottaggio (indagati anche due assessori uscenti, Matteo Sassi e Mirko Tutino).
Al centro delle contestazioni cinque appalti («solo apparentemente pubblici», dicono le Fiamme Gialle); anzi cuciti ad hoc in maniera sartoriale dagli indagati per far vincere persone o aziende vicine all’amministrazione comunale. Ma, soprattutto, c’è una figura chiave attorno alla quale ruota l’intera inchiesta: l’avvocato Santo Gnoni, principale indagato e considerato dai magistrati il fulcro di questo presunto sistema.
Da Gnoni – dirigente e responsabile dell’ufficio legale del Comune di Reggio Emilia – e da un episodio di tentata corruzione sono infatti partite le indagini e tutte le intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno portato la procura e la Guardia di Finanza di Reggio a costruire l’enorme castello accusatorio.
I racconti degli investigatori si rifanno all’inverno del 2013, prima delle feste. Gnoni è membro della Commissione Tributaria provinciale, in qualità di relatore, e viene chiamato a esaminare un ricorso in seguito all’accertamento fatto dall’Agenzia delle Entrate di Reggio in relazione a rapporti economici fra due aziende private. Nelle more di questo iter burocratico sarebbe partita da parte dell’avvocato comunale una pesante richiesta al legale di una delle aziende: «Un regalo di Natale da 15mila euro per aggiustare la causa».
Lo riferisce lo stesso avvocato – un professionista iscritto al foro di Parma – durante l’interrogatorio degli inquirenti. Gnoni avrebbe raggiunto il collega nella città d’Oltrenza, per un caffè. In quell’occasione, dice il legale parmense, avrebbe fatto riferimento alla possibilità di aggiustare la causa con quella ingente somma e al fatto che avrebbe anche pensato lui agli altri membri della commissione. Dopo qualche giorno Gnoni lo avrebbe contattato di nuovo ribadendo la richiesta di denaro.
Spaventato, l’avvocato di Parma ha riferito questo episodio a due colleghi. Entrambi sono stati ascoltati dai Finanzieri e hanno riportato il racconto riferito dall’amico di quell’incontro e dei successivi approcci. Quella somma, stando alle ricostruzioni, non è mai stata versata e il ricorso ha comunque avuto esito positivo per i ricorrenti. Dopo l’emissione della sentenza favorevole per l’azienda i due avvocati si sono incontrati di nuovo. E, in quell’occasione, Gnoni avrebbe commentato il dispositivo dicendo: «Chissà se il tuo cliente mi sarà riconoscente... », dice ancora il legale parmense.
Un intero capitolo dell’inchiesta è dunque dedicato alla figura di Santo Gnoni: fulcro delle contestazioni, senza alcun dubbio. I suoi compiti in Municipio non sarebbero stati svolti nell’interesse pubblico, ma per compiacere pochi o per tornaconti personali. Così dipingono i Finanzieri l’avvocato del Comune.
La difesa
«Lui nega decisamente ogni accusa di corruzione – spiega il legale di Santo Gnoni, Liborio Cataliotti – . Anche in questo episodio descritto di tentata corruzione emergono diverse contraddizioni nella stessa versione del denunciante. La richiesta del denaro sarebbe avvenuta prima del deposito della sentenza, che però ovviamente era già scritta. A riprova dell’insussistenza delle accuse c’è pure che il ricorso è stato vinto nonostante non ci sia stato il pagamento. Ci sono altre contraddizioni. Tutte e tante. Per questo il mio cliente nega questa come qualunque altra accusa di corruzione».