Reggio Emilia, 24 settembre 2024 – A quasi sei anni di distanza dal rogo di via Turri in cui morì una coppia intossicata dal monossido di carbonio, lasciando i due figli, il procedimento penale è stato chiuso senza ipotesi di responsabilità a carico di qualcuno.
Secondo il giudice delle indagini preliminari Silvia Guareschi, non vi sono infatti elementi sufficienti per poter sostenere in giudizio accuse di natura dolosa o colposa: il fascicolo è stato dunque archiviato, accogliendo la richiesta che il pubblico ministero Maria Rita Pantani presentò, seppur controvoglia, e alla quale i familiari delle vittime si erano opposti attraverso l’avvocato Giacomo Fornaciari. Nella terribile sera del 9 dicembre 2018 morirono Mohamed Bahik, di 57 anni, e la moglie Malika Outach, di 55, a causa delle esalazioni che si sprigionarono dall’incendio delle cantine del condominio in via Turri 33, dove la coppia abitava. L’uomo dapprima fece uscire i due figli, Aymane che ora ha 22 anni e il maggiore Kamal, oggi 26enne, e cercò di proteggere la moglie che era malata.
All’indomani della tragedia, Siham Bahik, la sorella del 57enne, raccontò che Mohamed “morì da eroe”. In passato il pm Pantani chiese di applicare una misura cautelare a un assicuratore, il 61enne Stefano Oliva, per omicidio preterintenzionale, sostenendo che il rogo avesse natura dolosa. Ma prima il gip, e poi il Riesame, bocciarono la sua domanda. Il pm allora scrisse che non vi furono “comportamenti negligenti ascrivibili ad altri, a maggior ragione all’amministratore condominiale”, all’epoca Michele Matrone. Gli avvocati dei familiari delle vittime, Giacomo Fornaciari e Zakaria Abouadib, si erano opposti all’archiviazione, sostenendo che vi fosse una responsabilità di Oliva, alla luce delle indagini svolte dal pm. Divergeva invece da quello della Procura il loro orientamento su Matrone: secondo i legali, l’amministratore condominiale andava indagato per responsabilità colposa; inoltre perché avrebbe saputo che le cantine erano stipate di materiale, ma non fece nulla.
Nella sua ordinanza, il giudice Guareschi sostiene che non vi siano riscontri per sostenere l’accusa in giudizio non solo verso Oliva, ma anche Matrone: “Le indagini non hanno evidenziato l’omissione di atti dovuti riconducibili all’evento. L’impianto elettrico era a norma e funzionava nel momento dell’incendio”.