
Tra ricollocamenti e sussidi si delineano le prime, difficoltose, soluzioni dopo il rogo di martedì. L’appello di Cgil, Cisl e Uil: "Procedure da snellire, Cremonini deve rimanere sul territorio". .
di Francesca Chilloni Sono circa 400 i lavoratori di via Due Canali travolti dal disastro di fuoco e fiamme che in poche ore ha spazzato via uno dei maggiori poli produttivi dell’agroalimentare reggiano. Per i 196 lavoratori di Inalca e Gescar si è aperto l’ombrello protettivo della cassa integrazione ordinaria, retroattiva da martedì 18 ed estesa fino al 9 maggio, rinnovabile. E poi la ricollocazione temporanea in altri poli. Ma tutti sanno, sindacati in primis, che è un cerotto su una ferita che rischia di infettare il tessuto socioeconomico reggiano. Si determina ora una sfida eccezionale che le organizzazioni sindacali unite hanno illustrato ai dipendenti riuniti ieri in assemblea nella palestra di Massenzatico, chiedendo loro il massimo in termini di lucidità e compattezza di intenti, buttando il cuore oltre l’ostacolo.
Senza sacrifici (e trasferte) oggi non si potrà garantire che resti nel Reggiano il grande polo di lavorazione e confezionamento delle carni. Cristian Sesena e Salvatore Coda (Cgil), Andrea Sirianni e Daniele Donnarumma (Cisl), Ennio Rovatti (Uil) si sono appellati ai lavoratori cercando di tratteggiare un quadro generale, in cui (come è emerso dai tanti interventi dei lavoratori) si calano situazioni personali drammatiche, dalle lavoratrici che sole gestiscono figli e casa e dunque non riescono ad accollarsi trasferte, a chi deve seguire disabili ed anziani.
I dirigenti sindacali perciò hanno tirato in causa direttamente le Istituzioni (Giunta Massari in primis) affinché sburocratizzino le procedure per consentire in pochi mesi a Cremonini di investire su Reggio. I passaggi? Fase 1: salvaguardare tutti i posti e quanto più possibile il reddito dei lavoratori; proseguire temporaneamente la produzione in altri stabilimenti padani Inalca; continuare a soddisfare le esigenze dei clienti (il maggiore è Coop Alleanza 3.0) in modo che non si orientino su altri fornitori. Fase 2: garantire che il gruppo Cremonini non cessi la propria presenza a Reggio e investa nella realizzazione di un nuovo sito sul territorio.
L’Incontro sindacati-parte datoriale è fissato per il 18. Lo stesso giorno, ma su un altro tavolo, riprenderà la trattativa con la cooperazione, che non ha ancora trovato la quadra con i propri 200 lavoratori. Fabbrica Lavoro, Quanta, Coopservice, Trasncoop… Gli appalti sono un problema a parte: si sta cercando di far accedere agli ammortizzatori sociali i loro lavoratori. L’assemblea di ieri è iniziata con una succinta comunicazione da parte di Giancarlo Tedesco, responsabile personale di Inalca e Gescar, e del responsabile dello stabilimento Paolo Femora, che hanno espresso sollievo che nessun lavoratore avesse subito danni.
"Abbiamo subito pensato a strumenti che garantissero sull’immediato copertura economica, che le persone potessero essere tranquille e avere un’entrata. Ma il percorso è molto lungo da gestire. Su base volontaria sono già stati già collocati più della metà dei lavoratori in altri stabilimenti. Stiamo coinvolgendo altre aziende del gruppo, anche non strettamente collegate Inalca, per riassorbirle. Vorremmo utilizzare meno possibile la cassa integrazione, dando lavoro a tutti a rotazione".
"Il sacrificio non ci spaventa – concludono – abbiamo superato momenti difficili come la Mucca pazza, il Covid. Con pazienza e volontà, supereremo anche questo". Piacenza, Castelvetro, Castelnovo Rangone, Pegognaga sono alcuni dei siti in cui nell’emergenza ci si appoggia spostando i lavoratori. Costruire un nuovo polo produttivo a Reggio? "Si vedrà nelle prossime settimane".