Il padre di Saman, videocollegato dal Pakistan, ha risentito le parole che lui stesso rilasciò, ormai due anni fa, in un’intervista al Carlino. Parole su cui gli inquirenti da subito nutrirono grossi dubbi e che, oggi, rilette dopo tutti gli sviluppi investigativi, appaiono false. "Ho sentito mia figlia. Sta bene, è in Belgio": così disse Shabbar Abbas, alla fine del maggio 2021, raggiunto al telefono dal caposervizio del Carlino Reggio Saverio Migliari. Il padre di Saman era volato in Pakistan con la moglie da un mese, la mattina del 1° maggio. Lo stesso giorno in cui, si accerterà poi, sua figlia era stata uccisa. Quando il giornalista chiese ad Abbas un recapito per parlare con Saman, lui rispose: "La sento su Instagram, non ha il cellulare". E spiegò: "Siamo venuti subito in Pakistan perché mia sorella si è sentita male. Torno in Italia il 10 giugno". Quest’intervista al Carlino rappresentò per i carabinieri "uno spunto su cui sviluppare indagini", come riferito ieri in tribunale dal maresciallo Cristian Gandolfi del nucleo investigativo. Ieri la registrazione di quel dialogo telefonico è stata ascoltata in aula: il pubblico ministero Laura Galli ha depositato alla Corte d’Assise la puntata della trasmissione televisiva ‘Chi l’ha visto?’ che la mandò in onda.
Nell’udienza di ieri l’inquirente ha ripercorso altri dati interessanti. A proposito dell’imputato Nomanulhaq Nomanulhaq – che si allontanò da Novellara e fu arrestato il 14 febbraio 2022 a Barcellona – ha rimarcato ad esempio che sul suo cellulare sono state trovate "oltre 300 ricerche sul web riguardanti gli articoli sulle investigazioni sul caso Saman", oltre a immagini delle loro foto segnaletiche e un pezzo con il video del 29 aprile 2021 dello zio e dei due cugini che si aggirano dietro casa con le pale. Non solo: al periodo in cui Nomanulhaq era ancora latitante, nel dicembre 2021, risale una chat definita "importante" tra lui e il fratello della madre di Ikram Ijaz, "membro delle forze dell’ordine in Pakistan": quest’ultimo gli dà il numero di una persona, scrivendo "qualsiasi problema lo farò risolvere".
In una chat con un altro soggetto, su un’utenza spagnola, Nomanulhaq chiedeva informazioni su Ijaz, che era già finito in manette sei mesi prima, a fine maggio 2021, a Nimes, im Francia: "Lavora lì (intendendo dentro il carcere, spiega il carabiniere) e uscirà presto". Nel gennaio 2021, un mese prima di essere arrestato, Nomanulhaq disse in un vocale: "È tutto a posto, non c’è lavoro". Dai tabulati è emerso che lui nel Paese iberico aveva con sè il telefono che usava in Italia: "Là registrò una scheda spagnola ricaricabile che fu abbinata fino al 22 maggio al vecchio cellulare e poi a quello nuovo" A due giorni dopo viene datato il backup di foto di documenti d’identità dal precedente sistema operativo.
al. cod.