GABRIELE GALLO
Cronaca

Il viaggio sulla via della Seta: "Panorami e ospitalità incredibili. I bimbi ci cantavano Al Bano"

L’avventura del biker Maurizio Pattacini in sella ad una vecchia Honda fino al confine cinese "Siamo passati dalle strade innevate ai deserti con 40 gradi. Il ricordo più bello? Le persone".

Il viaggio sulla via della Seta: "Panorami e ospitalità incredibili. I bimbi ci cantavano Al Bano"

L’avventura del biker Maurizio Pattacini in sella ad una vecchia Honda fino al confine cinese "Siamo passati dalle strade innevate ai deserti con 40 gradi. Il ricordo più bello? Le persone".

Oltre 6000 chilometri lungo l’antica via della Seta. E’ il viaggio compiuto a luglio dall’esperto biker reggiano Maurizio Pattacini. Un’avventura che lo ha condotto fino al confine con la Cina. Un percorso dalle mille emozioni e non privo di peripezie, come tanti altri fatti in passato, quasi sempre accompagnato dalla moglie Morilena, anche lei appassionata e valida biker. Ma non questa volta: "C’erano davvero troppi rischi e pericoli – spiega Pattacini . ma ci rifaremo"

Quando ha iniziato ad andare in moto?

"A 16 anni. Avevo una Vespa 125 e ci ho fatto viaggi anche belli lunghi. La mia prima vera moto invece l’ho comprata a 18 anni".

Oggi cosa cavalca?

"Una Honda Africa Twin".

Il viaggio di questa estate l’ha fatto con questa?

"No, io e l’amico che mi ha accompagnato abbiamo acquistato due Transalp di quasi 30 anni, le abbiamo completamente revisionate apposta per questa traversata".

Perché la scelta di questo modello, diciamo così, un po’ datato?

"Per il fatto che le moto di oggi sono tecnologicamente molto avanzate, ma nei Paesi in cui siamo andati le officine non sono attrezzate per la riparazione di questo tipo di mezzi, dove prevale la tecnologia sulla meccanica". Quando e per quali ragioni ha maturato la scelta di fare un percorso così particolare?

"Lo scorso inverno: per il desiderio di conoscere culture e popoli con modi di vivere e tradizioni profondamente diversi dai nostri".

Quali sono le maggiori difficoltà che ha dovuto affrontare?

"Innanzitutto l’escursione termica e la differenza di altitudine. Sono passato dai -2 metri sul livello del mare della depressione caspica ai quasi 4700 delle strade del Pamir. Da zone in cui si andava oltre i 40 gradi, tipo il deserto kazaco, ad altre in cui, di notte, si saliva poco sopra lo zero rischiando anche di trovare strade innevate. Una bella prova per il corpo e per la mente".

Con la salute tutto ok?

"Abbastanza, anche se chiaramente mi sono preso la classica gastroenterite, del resto il corpo doveva adattarsi di continuo: passando dal Oshi Palav tajico, al khinkali georgiano, al kharcho uzbeco, e così via".

Come se l’è cavata con la burocrazia?

"Dipende dai posti. Per attraversare alcune zone, tipo la regione del Gbao in Tagikistan, occorre un permesso speciale, e quando si attraversa la frontiera con il Kirghizistan, bisogna sapere che normalmente è chiusa per via delle costanti tensioni; ci sono finestre speciali con permesso da fare sul posto. Per fortuna noi, parlando con i locali, avevamo tutte le informazioni".

I momenti più duri?

"Ce la siamo vista un po’ brutta quando il mio amico ha avuto un attacco di febbre molto forte in una zona sperduta, dove l’unico medico era una oculista di un villaggio molto distante. Per fortuna ci sapeva fare e in pochi giorni si è rimesso in sesto. Sicuramente è stata dura percorrere i duecento chilometri all’inizio dell’Afghanistan: una strada dritta ma terribilmente dissestata e sterrata, percorsa anche da grossi camion: si viaggia ai 30 all’ora al massimo tra nuvoloni di sabbia e polvere. Molto difficoltoso è anche l’attraversamento del tunnel dell’Anzob, per arrivare in Tagikistan. Più di cinque chilometri senza alcuna illuminazione o sistemi di ventilazione, con un fondo stradale pessimo. Non è un caso che lo chiamino il tunnel della morte. Ad ogni modo abbiamo superato anche quella".

I ricordi più belli che si porta dietro?

"Gli incontri con le persone, innanzitutto e poi alcuni paesaggi di una bellezza incredibile. Non sono zone molto battute dal turismo, quindi la presenza di due bikers italiani, già di per sé era motivo di curiosità quando ci fermavamo a fare rifornimento o a rifocillarci. Un’accoglienza festosa, soprattutto da parte dei bambini, che ci chiedevano di fare foto con loro e volevano sapere tutto del nostro viaggio. In Georgia siamo stati ospiti di una struttura gestita dalla Chiesa cattolica, a Kutaisi, dove i bambini che erano lì hanno preparato apposta per noi uno spettacolo con canti e balli tradizionali e alla fine in perfetto italiano hanno cantato ’Felicità’ di Al Bano e Romina. In Russia abbiamo parlato con Ceceni e abitanti del Daghestan, la loro curiosità maggiore era sapere cosa ne pensavamo noi della guerra e sapere se l’odio verso la popolazione russa era aumentato a causa di questo, il tutto comunque finiva con un abbraccio o una stretta di mano".

Parlava prima anche di luoghi meravigliosi…

"Percorrendo la via della Seta ho ancora negli occhi il centro storico di Khiva, che pare sospeso nel tempo. L’ingresso in Kirghizistan con i suoi vastissimi prati di un verde spettacolare è qualcosa di incredibilmente affascinante, specie perché sono sormontati dalle vette del Pamir e costellati delle tende dei pastori nomadi kirghizi"

In tutto questo la moto se l’è sempre cavata bene?

"Ha fatto un lavoro egregio, ho dovuto sostituire i pneumatici e intervenire per una problematica alla ruota, ma normale amministrazione. Divertente semmai è il contorno: più che un’officina era un negozio dove si riparava un po’ di tutto, suggerito da una persona del luogo che, una volta sistemate le moto, ci ha invitato a cena a casa sua, garantito che la riparazione era gratuita e ospitato anche per la notte. E’ stato un momento di grande condivisione tra persone che non conoscevano una parola della lingua dell’altro ma, vi assicuro, ci siamo capiti benissimo".

Ha affrontato in sella anche il viaggio di ritorno?

"No, no. Le moto le abbiamo lasciate in Uzbekistan in custodia. Perché l’idea, l’anno prossimo, e di ripartire da lì e andare in Cina. Ma prima farò un altro viaggio insieme a mia moglie, gliel’ho promesso".