Reggio Emilia, 23 giugno 2024 – Non sono affatto sorpresi gli abitanti della piccola borgata di Morsiano, paesello di 130 anime, incastonato a poco più di 720 metri d’altitudine nell’Appennino Reggiano, tra Villa Minozzo e la valle del fiume Dolo salendo verso la val d’Asta. Una quiete spezzata più dalle incursioni dei giornalisti – adocchiati con quel mix di curiosità e diffidenza verso i ‘forestieri’ – che dal fattaccio di venerdì sera: la brutale e misteriosa aggressione avvenuta ai danni del 63enne Stefano Daveti, ridotto in fin di vita nella sua abitazione dopo essere stato massacrato a bastonate forse dal vicino di casa.
Non ci sono bar nè ristoranti (l’unica pizzeria è chiusa da tempo, con saracinesche abbassate e ragnatele sulle finestre), solo un negozio di alimentari dove alla spicciolata si possono incontrare i residenti e coloro che lavorano nelle poche attività in loco. La voglia di parlare è poca, tipica – e non per generalizzare – dell’alta montagna. Tutti sanno, ma nessuno dice. Sui rapporti burrascosi con la vittima però, la linea è comune.
"Stefano? Lo conosciamo sì... Ha avuto problemi con tutto il paese – dice una signora – Vogliamo evidenziare un aspetto: sono anni che denunciamo e segnaliamo al sindaco (Elio Ivo Sassi, appena rieletto a Villa Minozzo, ndr) tutti gli episodi subiti da lui. Ma nessuno ha fatto niente... Quest’uomo ha patologie psichiche e andava seguito. Lo Stato dov’è?".
La interrompe un altro che si intromette nel dialogo. "Era da dire che prima o poi accadesse qualcosa e che qualcuno reagisse...". Cosa facesse, lo descrive bene un’altra residente: "Numerosi atti osceni in luogo pubblico, si abbassava i pantaloni e mostrava il sedere...". Prontamente un signore ci mostra un video ripreso da una cittadina tempo fa che ritrae Daveti salire sul tetto della sua abitazione ed ‘esibirsi’, con tanto di gestacci e dito medio. E poi ancora: "Manda a quel paese ogni persona che passa sulla strada, così, senza motivo. Tante volte ci siamo detti tutti di ignorarlo, ma lui stuzzica, istiga... e ti fa salire il sangue al cervello".
Di episodi diversi ne raccontato un po’ tutti: "Una volta lo abbiamo sorpreso mentre defecava in strada...". Ma ciò che fa arrabbiare più di lui è il disturbo alla quiete pubblica. "Fa il percussionista, per così dire... In paese, scherzando, diciamo che suona quelli che qui chiamiamo ’bandoni’ – dice la titolare del minimarket – Picchiando dei bastoni su alcune lamiere per anche cinque ore di fila. Un rumore che si sente in tutto il paese e rimbomba nella testa. Davvero insostenibile. Più volte gli abbiamo detto di smetterla anche perché ci sono dei bimbi piccoli, ma niente. Anzi, si ricevono solo insulti...".
Dal centro del borgo, si sale verso la chiesa. Cento metri dopo, adiacente al cimitero, sorge la casa di Daveti, l’ex casello fatiscente del paese che ha rilevato una decina d’anni fa per stabilirsi dopo aver lasciato La Spezia, città di cui è originario. "Ha vissuto con una compagna sarda, poi l’ha lasciato prima della pandemia. Da allora è solo. Non frequenta il paese, è mal visto da tutti", ci racconta un uomo intento a sfalciare l’erba lungo la strada. L’abitazione di Stefano è originale come lui (che da qualche mese si era tatuato in fronte una stella), per così dire. Sulla facciata dell’edificio campeggia il disegno di un deretano. Così come su un cartello stradale. "Ma di disegni sconci ne ha fatti in tutto il paese, anche alla fermata degli autobus", raccontano. Il mood di vita di Stefano è un po’ stile hippie. Ha costruito recinzioni con materiale di recupero e sentieri tutti delimitati da pali e filo spinato attorno alla vegetazione che avvolge la casa. "Ha un accesso diretto al ruscello che confluisce nel Dolo. E qui si lavava ogni mattina...".
Una vicenda che da qualsiasi punto la si guardi, ha contorni di degrado sociale. In un luogo dimenticato da Dio – e non solo nel nostro bellissimo Appennino, è spesso troppo facile smarrire l’umanità.