Al grido di "Quello che non ci daranno loro, ce lo prenderemo noi", studentesse e studenti di Reggio sono scesi in piazza ieri, al pari dei loro compagni in tante parti d’Italia, uniti in un corteo carico di rabbia, di volti decisi e determinati, di voci forti che urlavano a squarciagola. Una protesta corale nei confronti di un obiettivo preciso, un sistema scolastico che "non ci rappresenta e che, anzi, vuole silenziarci invece che educarci". I giovani si sono mobilitati per denunciare le condizioni in cui "versa l’istruzione pubblica, sempre più lasciata a sé stessa. Lo vediamo nel modello di scuola del ministro dell’istruzione e – come da nuova e vergognosa dicitura – del merito Valditara, il quale privilegia la disciplina rispetto alla formazione".
Tra i manifestanti c’è Federico Amadei (foto) 18 anni ieri, quinta A del liceo Canossa, rappresentante del coordinamento dei collettivi scolastici di Canossa, Chierici, Moro e Bus Pascal, che aggiunge: "Noi accogliamo tutto il popolo delle scuole. Vogliamo condividere le nostre istanze con i lavoratori delle scuole. Non siamo più considerati studenti, ma parti di un ingranaggio. La nostra formazione è andata a scatafascio". Ciò che lamentano, Federico e i manifestanti, è una scuola "non dello studente, ma delle aziende, delle forze dell’ordine, di prèsidi sempre più manager e sempre meno figure scolastiche. Tutto ciò ha come risultato l’abituarci a essere repressi e zittiti, a reputare come normalità l’attacco al dissenso e alla pratica di politica fra i banchi".
I ragazzi puntano il dito contro una "repressione che lo stesso ministro porta avanti con i decreti, atti a minare il pensiero critico". In particolare: "Un supporto scolastico che non c’è, problemi infrastrutturali – continua Federico – la poca attenzione alle scuole, e qui da noi il tetto del Secchi e il Chierici che vanno a rotoli". Solidarietà da parte dei ragazzi al prof Raimo, "punito" per il dissenso verso le politiche del ministro: "Un ambiente in cui esprimere il proprio dissenso è considerato un crimine non può certo essere formativo – rincarano gli studenti –. Dovremmo avere pieno diritto a una scuola che ci educhi a essere cittadini liberi e consapevoli, non obbedienti e sfruttati!".
C’è poi il tema fortemente sentito dell’affettività e dell’inclusività: "Pretendiamo una scuola che tuteli la salute fisica e mentale, che riceva i giusti fondi pubblici spesso utilizzati per finanziare l’industria bellica del nostro Paese. "Sappiamo di essere ‘scomod?’ - scrivono i ragazzi, con la schwa – a questo Governo, e così ci vogliamo: ci riprenderemo ciò che ci è stato tolto".