di Valentina Reggiani
È la sera del 15 ottobre di due anni fa quando un uomo di origine marocchina viene soccorso dalla Croce Rossa in via Regina Pacis, a Sassuolo. L’uomo, straniero, è a terra in stato confusionale, con accanto il motorino e il casco ancora addosso: probabilmente era diretto a casa. I sanitari – vista la situazione poco chiara e delicata – richiedono l’intervento delle forze dell’ordine. I primi ad intervenire sono i carabinieri ma l’intervento passa nelle mani degli agenti della polizia locale. L’uomo viene quindi trasferito in ospedale, a Sassuolo dove nel frattempo arrivano anche le due pattuglie della polizia locale per identificare lo straniero, effettuare il verbale e, a quanto pare, riportargli ciò che lo scooterista aveva lasciato sul posto. Una volta arrivati nel nosocomio – in base a quanto trapela – sarebbero stati i sanitari a chiedere l’intervento degli agenti per ‘contenere’ il paziente dal momento che lo stesso si sarebbe mostrato particolarmente agitato. Una contenzione che sarebbe risultata necessaria per sottoporlo alle cure. Ma, secondo la denuncia presentata proprio dagli stessi sanitari, la contenzione si sarebbe trasformata in una violenza inaudita contro l’uomo che versava in gravissime condizioni.
Aleggiano lo stupore e l’amarezza a Sassuolo dopo la terribile accusa della procura piombata su quattro operatori della polizia locale di Sassuolo – due giovani assistenti e due ‘veterani’ residenti tra il Modenese (due di loro) e il Reggiano (zona ceramiche) – per un episodio avvenuto al pronto soccorso dell’ospedale di Sassuolo nell’ottobre 2021.
I quattro colleghi, infatti, sono accusati di tortura aggravata dall’abuso di potere e due di falso ideologico. Nei loro confronti è scattata l’interdittiva della sospensione del servizio pubblico. Gli agenti giovedì sono stati sottoposti ad interrogatorio davanti al giudice Clò e le difese degli indagati stanno ora valutando se presentare appello al tribuale della Libertà. L’avvocato Fabrizio Canuri, che rappresenta uno degli assistenti sottolinea: "Il mio assistito respinge con forza il reato che è stato contestato e i fatti così come sono stati descritti. E’ disposto ad andare in tutte le sedi necessarie per far emergere la verità. La ricostruzione effettuata non è condivisibile e viene respinta con forza da tutti gli interessati". "Sicuramente i miei assistiti non hanno torturato nessuno – afferma l’avvocato Barbara Tassi – Hanno effettuato un intervento di contenimento ordinario secondo il protocollo in essere presso il comando di appartenenza. In questo momento stiamo valutando l’ipotesi di fare ricorso contro la decisione del giudice".
Ad intervenire è anche il reggiano Luca Falcitano, della segreteria regionale Sulpl Emilia Romagna: "Esprimiamo piena fiducia nell’operato della magistratura, ma ricordiamo la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva. Il Sulpl continuerà ad essere a fianco della categoria e ai nostri iscritti della polizia locale di Sassuolo, che anche oggi come tutti i giorni dell’anno era sul territorio a garantire la sicurezza di tutti noi".