"Henghel? L’ultimo concerto l’ha fatto con me"

Mingardi ricorda le notti col suo Gualdi ’bolognese’, tra palchi e osterie. "Era un fenomeno inarrivabile che tutti ci invidiavano"

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di Antonio Lecci

Un tributo a Henghel Gualdi, nella ’sua’ San Martino in Rio, con alcuni noti a affermati musicisti. Domani alle 21,30 ai Prati della Rocca, a San Martino in Rio, nell’ambito della rassegna ’Lune in Rocca’, è in programma uno degli eventi clou dell’estate della Bassa, con ’… E allora jazz!’ con il cantautore bolognese Andrea Mingardi accompagnato da Teo Ciavarella al pianoforte, Sandro Comini al trombone, Felice Del Gaudio al basso, Bruno Farinello alla batteria, Maurizio Tirelli al pianoforte, con la vocalist Emanuela Cortesi.

Un vero e proprio viaggio musicale tra i brani più celebri della storia del jazz internazionale, con storici standard di Frank Sinatra, Nat King Cole, Ella Fitzerald, Tony Bennet, Mel Tormè, Sabah Vaugnan e altri ancora. L’evento è promosso dal Comune di San Martino in Rio in collaborazione con Giancarlo Gualdi, il fratello di Henghel, e con Maurizio Tirelli, il maestro compositore di San Martino, da molti anni a fianco di Mingardi e più volte protagonista come direttore al Festival del Sanremo. Il concerto di domani sera vuole essere un’occasione per ripercorrere la carriera e la vita del grande jazzista reggiano tra i suoi brani, celebri standard e aneddoti di quell’ambiente musicale che Henghel e Mingardi hanno frequentato.

Andrea Mingardi, quale è stato il suo rapporto con Gualdi?

"Conoscevo Henghel fin da ragazzo, ho seguito il suo percorso artistico. Ho fatto anche esperienza nell’orchestra diretta dal fratello Giancarlo. Abbiamo condiviso il palcoscenico in diverse occasioni. Ma soprattutto abbiamo condiviso molte ore al di fuori del palco, frequentando spesso ambienti e amici comuni".

Ma com’era Henghel?

"Un artista che tutti noi, da addetti ai lavori, abbiamo sempre considerato un fenomeno insuperato, inarrivabile, per talento e capacità nel suonare. E tutti cercavamo di capire come era riuscito a diventare tale".

Come era Henghel nella vita privata?

"Un artista semplice, che giù dal palco diventava come uno di noi. A Bologna, dove si era stabilito, c’erano molti locali in cui ci si ritrovava. Ricordo ancora molto bene certe… tagliatelle notturne…".

Era un periodo fortunato per gli artisti…

"Guardi, a Bologna in particolare abbiamo vissuto degli anni straordinari. Quel periodo proprio la realtà Bologna era considerata come una capitale nazionale e internazionale della musica. E mi riferisco alla musica suonata, quella vera. A livello di jazz, Bologna era diventata una capitale indiscussa. E lui rappresentava un fantastico talento, che molti avrebbero voluto imitare. Molti artisti, giovani o già affermati, seguivano le sue gesta come se fossero perle di poeti e pittori. Si viveva un clima gioioso, molto attivo, ricco di creatività. Un periodo che tuttora viene preso come riferimento, anche dalle nuove generazioni di artisti. Lui, poi, era favorito: originario del Reggiano e trapiantato a Bologna: due terre decisamente positive per la musica".

Al concerto di San Martino in Rio ci sarà anche spazio per i ricordi, per gli aneddoti?

"Certo. Ovviamente non vi anticipo nulla. Preferisco tenere la sorpresa per il pubblico che sarà al concerto. Ma di ricordi e di storie simpatiche ce ne sono molte da raccontare. E poi c’è un ricordo molto particolare mi lega a Henghel…".

Su questo, almeno, ci può anticipare qualcosa?

"Nel 2005, pochi giorni prima della sua scomparsa, Henghel venne a un mio spettacolo. Ero impegnato alle Scuderie, a Bologna. Henghel era tra il pubblico, ma a un certo punto lo invitai sul palco. Quella fu la sua ultima esibizione prima di andarsene via per sempre".