Reggio Emilia, 18 gennaio 2023 – Un animale affascinante, che si muove con passo sinuoso e
che allo sguardo dell'uomo concede poco o nulla. Può essere scambiato per il micio di casa, ma in realtà, se ben osservato, appare diverso: parliamo del gatto selvatico, un vero e proprio fantasma dei nostri boschi. Difficilissimo avvistarlo, per le sue abitudini notturne, per il suo
carattere sfuggente e anche perché vive in luoghi selvaggi, lontano dall'uomo. Da anni si rincorrevano le voci di avvistamenti nel nostro Appennino, ma solo ora c'è la prova.
Un reggiano, il 55enne Stefano Bergianti, elettricista in un'azienda ceramica e nel tempo libero appassionato di natura, è riuscito a realizzare per la prima volta un filmato che testimonia la presenza del gatto selvatico nel nostro Appennino. Nel giro di un mese, grazie all'ausilio delle fototrappole immerse nella natura, è riuscito a catturare per due volte le prime immagini che dimostrano l'esistenza dell'animale nel territorio di Castelnovo Monti (non sveliamo altri particolari per evitare che l'animale venga disturbato).
“Faccio spedizioni assieme al gruppo speleologico reggiano - racconta lo scopritore - durante le quali raggiungiamo luoghi inaccessibili ai più. Talvolta accompagniamo i bambini nelle gite in Appennino: per loro ho iniziato a posare fototrappole in modo da realizzare filmati da mostrare a scuola sugli animali tipici dell'Appennino, perché ai piccoli piace molto osservarli. Preciso che le
colloco non lungo i sentieri ufficiali, ma in luoghi lontani”.
Com'è arrivato a individuare il gatto selvatico? "Cercavo un posto isolato: per raggiungerlo occorre un'ora a piedi abbondante di percorso fuori dalla strada pubblica. Nel punto in cui ho collocato la fototrappola, puntavo al lupo. Poi ho visto che avevo ripreso un gatto, forse quello selvatico. Per avere conferma, mi sono rivolto a un esperto di natura”.
Il vicepresidente della Società reggiana di Scienze naturali, Massimo Gigante, ha analizzato quei filmati, giungendo alla conclusione che si tratti proprio del gatto selvatico. Tra gli elementi che lo caratterizzano, la striatura scura lungo la spina dorsale e la coda ricoperta da anelli scuri. “È una splendida notizia per il nostro territorio. Senz'altro anticamente la specie era presente nell'Appennino reggiano. Non solo: in base a testimonianze da me raccolte qualche anno fa, sembra che almeno fino agli anni Trenta-Quaranta del secolo scorso il gatto selvatico venisse ancora cacciato in Appennino per la sua folta pelliccia - spiega l'esperto naturalista Gigante -. Dall'inizio degli anni Novanta sono poi riprese le segnalazioni, più o meno attendibili, senza mai l'esistenza di prove concrete e incontrovertibili della presenza di questo magnifico ed estremamente elusivo animale nel nostro amato territorio, già ricco di biodiversità. In Appennino vivono da tempo popolazioni di gatti randagi rinselvatichiti che hanno comportamenti del tutto identici a quelli dei gatti selvatici veri e propri: si tratta di animali che difficilmente si fanno vedere dall'uomo e che purtroppo occupano gli stessi habitat, come per esempio le sassaie dell'Alto Appennino. Questi randagi rinselvatichiti, oltre a sottrarre territori preziosi al gatto selvatico, incrociandosi con esso possono portare a un inquinamento genetico della specie e alla sua conseguente estinzione”.